venerdì 20 agosto 2010

La buona fede degli ignoranti

Lo spunto per parlare di scienza mi viene dal sito de Il Fatto Quotidiano, dove ha aperto un blog Dario Bressanini, docente di scienze chimiche e ambientali e autore del libro Chi ha paura degli OGM?. Costui è uno sfegatato difensore degli organismi transgenici, e nel blog – bisogna dargli il merito di intervenire spesso in risposta ai lettori – è solito sbandierare dati a suo giudizio inoppugnabili e accusare chi la pensa diversamente di essere ‘ignorante o in malafede’.
Io accomunerei gli scienziati come lui insieme ai fanatici dell’energia atomica, e anzi inizierei il mio ragionamento dal nucleare perché si presta meglio.
Partiamo dall’assunto – tutt’altro che dimostrato e assai lontano dal vero – che l’energia atomica non comporti rischi, che sia ‘pulita’ e che la tecnologia futura scoprirà come gestire le scorie in assoluta sicurezza, e ammettiamo persino che nel pianeta ci sia abbondanza di uranio, che invece ha già raggiunto il picco dello sfruttamento.
Perché dovremmo ricorrere al nucleare? L’ha già spiegato qualche settimana fa Veronesi: perché dalla scissione di un piccolissimo atomo è possibile ricavare un’energia enorme. Molto bene: adesso che abbiamo questa straripante energia, che cosa ce ne facciamo?
Gli USA sono il paese paradigmatico per il nucleare, in quanto dispongono di più di 400 centrali. L’enorme quantità di energia è servita prevalentemente ad alimentare un consumismo di proporzioni colossali che, nelle sue manifestazioni più blande, si manifesta sotto forma di elettrodomestici inutili (asciugapiatti, tritarifiuti, ecc) o aria condizionata sempre accesa e rigorosamente sotto i 20 gradi. Malgrado tutto questo Bengodi energetico, la società statunitense brilla per povertà, criminalità, degrado ambientale e ignoranza. Si badi bene che non accuso di tutto ciò l’atomo, semplicemente ho seri dubbi sull’equazione benessere=energia. L’acqua, ad esempio, è un bene fondamentale ma non ne occorrono 1000 litri al giorno a testa; invece sembra imprescindibile avere una fornitura casalinga da 5-6 Kw/ora. Potremmo accendere contemporaneamente tostapane, asciugacapelli, forno a microonde e lavastoviglie! Non è magnifico? Tutto ciò ci costerebbe solamente:
1) investire miliardi di euro
2) dipendere in modo massiccio da tecnologia e materie prime straniere
3) deturpare il territorio per la costruzione delle centrali
Qualche malpensante penserà che il nucleare serve per mantenere in piedi la società dei consumi e la crescita economica: chissà perché sono favorevoli a spada tratta gli industriali, mentre più si scende verso il basso nella scala sociale la diffidenza aumenta. Forse sono solo ‘ignoranti o in malafede’, come direbbe Bressanini, o forse ritengono che il loro principale problema non sia la scarsa energetica domestica. Forse osano credere che la qualità e la possibilità di accesso a sanità, istruzione, servizi sociali non dipenda dal nucleare.
E passiamo quindi al nostro poeta dell’OGM. Anche qui diamo per scontato che non esistano rischi per la salute e che la Natura sarà così gentile, per una volta, da non mutare i parassiti creando specie resistenti, così come ha fatto per i pesticidi.
Perché avremmo mai bisogno di modificare il DNA delle piante? Le ragioni sono essenzialmente due:
1) per creare colture più produttive
2) per creare specie resistenti a erbicidi e pesticidi
L’argomentazione 2 forse si può liquidare come incitazione all’uso di glifosato e altre schifezze.
L’argomentazione 1 è più complessa, prevede che esista al mondo un problema di scarsità di cibo. Tutti siamo consapevoli della fame nel mondo, gli ultimi rapporti FAO parlano di più di un miliardo di denutriti. Molti però non si immagineranno minimamente che nel 2008, anno in cui è impennato il prezzo di molti generi alimentari a seguito anche di speculazioni finanziarie, la produzione mondiale di cereali ha raggiunto il valore record di 2.232 tonnellate, un dato che dovrebbe significare la disponibilità di un chilo al giorno per ogni essere umano. Questa situazione assurda chiarisce come il problema della crisi alimentare dipenda principalmente da situazioni politiche ed economiche.
Molti paesi del sud del mondo indebitati con l'estero, su dettame del FMI, hanno creato vaste monocolture di prodotti per l’esportazione, rinunciando alla sovranità alimentare; è noto come la monocoltura sia particolarmente suscettibile a malattie e invasioni di parassiti. Ma niente paura: adesso ci pensano Monsanto e Bressanini a renderle invulnerabili. I limiti naturali potevano spingere verso il ritorno a un’economia contadina basata sull’autosufficienza alimentare, sulla filiera corta, sul recupero della tradizione, e invece la scienza ha trovato il modo di rendere congeniale un modello di oppressione neocoloniale. Nelle culture indigene le donne svolgono spesso un ruolo cruciale nella selezione dei semi, ma adesso ci pensa l’industria bio-tech occidentale, da cui bisogna dipendere a doppio filo; per l'occupazione femminile possono aprirsi prospettive di altro genere, magari nelle sovraffollate megalopoli. Tutto ciò per aumentare una produttività già sufficiente per le necessità umane – forse non per gli standard consumistici occidentali, però – e per rafforzare modelli di dominio economico. Si ricordi che la ‘rivoluzione verde’ della meccanizzazione e della biochimica è responsabile dello spopolamento delle campagne che ha creato le attuali ondate migratorie.
Neopositivisti in buona fede come Bressanini o Margherita Hack, obietterebbero che non è vero, che si possono immaginare altri modelli per queste tecnologie: il fatto è che si prestano di per sé così bene agli interessi del business che è difficile modificare questo spirito. Nucleare e ricerca genetica richiedono un livello di conoscenze e capacità tecnologiche tali da creare una cesura netta tra élite scientifica e resto del popolo, dove quest’ultimo è solo attore passivo costretto a fidarsi. Questi scienziati pensano che la produzione di più energia o più alimenti sia un bene in se stesso, senza pensare alle inevitabili ricadute sociali. Bressanini pensa forse a sfamare il mondo, ma non si interroga sull’indipendenza e la dignità dei contadini, perché lui ragioni in termini di geni e non di esseri umani. Si eccita per la resistenza ai parassiti del cotone BT, e non per le comunità contadine che attraverso il recupero della tradizione riescono ad attuare una politica di sovranità alimentare e di ripresa dell’occupazione.
Questa scienza produttivista è responsabile della guerre mondiali, della creazione di smisurati arsenali atomici e della devastazione ambientale: non ci serve più. Abbiamo bisogno di una scienza che attribuisca dignità agli uomini e alle donne e non potere di vita e di morte alle corporation, che ci permetta di vivere bene con poco e non a desiderare sempre di più; magari anche meno presuntuosa e più umile, che non tratti con sufficienza coloro che non hanno raggiunto certi livelli tecnologici. La mission della scienza occidentale, tesa a salvare dalla fame i paesi sottosviluppati, ricorda moltissimo l’opera civilizzatrice dei colonizzatori.
Quando i neopositivisti avranno compreso questi concetti, forse capiranno meglio chi è veramente ignorante e in malafede.

1 commento:

  1. Ciao,
    Ho letto qualche tuo intervento sul fatto quotidiano.
    Mi interessano molto le questioni che sollevi: in particolare come la globalizzazione industriale ed economica impatti ambiente e popoli inducendo migrazioni (ad esempio dovuta al venir meno della tutela della sovranità alimentare). Ti volevo chiedere se gentilmente puoi dedicare un post in cui sintetizzi complessivamente le tue idee in merito fornendo anche link utili su questi argomenti per documentarsi di persona

    GRAZIE MILLE

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