giovedì 23 settembre 2010

Viva Cosentino e abbasso Vassallo

Nicola Cosentino, parlamentare su cui pende una richiesta di arresto per concorso in associazione camorristica, ha dichiarato che il voto con cui la Camera ha negato l'utilizzo delle intercettazioni a suo carico è una misura che "rafforza Berlusconi". Venendo da una persona accusata da più collaboratori di giustizia di essere collegato al clan dei casalesi, si tratta di una affermazione sicuramente inquietante. Un suo solidale, il mistro Rotondi, ha dichiarato: "il Parlamento non è una casta ma nemmeno un'istituzione che può essere intimidita". Davvero paradossale: è la magistratura a 'intimidire', non più le mafie. Eppure il povero Sebastiono Vassallo non è stato intimidito e ucciso da giudici, bensì da quell'associazione criminale su cui le intercettazioni 'irrilevanti' facevano cadere pesanti sospetti di appartenenza da parte di 'Nick O'Americano'. Dopo il silenzio del governo sulla morte del coraggioso sindaco campano, non c'era di meglio per rendergli omaggio che impedire alla magistratura di utilizzare prove contro Cosentino. Del resto, se invece di battersi per la tutela dell'ambiente si fosse dedicato alla speculazione economica e se avesse potuto vantare guai giudiziari, siamo sicuri che ora Vassallo non sarebbe all'altro mondo ma probabilmente occuperebbe le massime leve del potere regionale e nazionale al pari del buon Nick.
In fondo Rotondi ha ragione, il Parlamento non è una casta. Dopo il voto su Cosentino e la trattativa per portare Cuffaro e l'ala siciliana dell'UDC nel governo, oramai è davvero una cosca come sostiene da tempo Travaglio. Allora sia: lunga vita a Cosentino e abbasso Vassallo.

domenica 19 settembre 2010

Onestà e buon senso non bastano

Sul sito del Fatto Quotidiano è scoppiata una polemica tra Maurizio Pallante e Michele Dotti, portata avanti attraverso i rispetti blog. Tutto è partito dalla proposta di Dotti di creare un partito del 'buon senso e dell'onestà'; così spiega:
"Io conosco un’Italia diversa, che incontro nel mio impegno di solidarietà per il Burkina Faso, nelle tante associazioni che si battono per la difesa del territorio, per un’economia etica, per l’efficienza energetica, per la dignità dei disabili, la formazione a una cultura del rispetto e dell’accoglienza.
E vedo un’Italia diversa da quella che raccontano i telegiornali, fatta di impegno, di dedizione, di professionalità nel cercare di creare nei fatti pezzi di un mondo migliore".
Pallante ha replicato, secondo me a ragione, che buon senso e onestà non sono sufficienti per creare un partito, e che anzi ritenersi unici depositari di queste virtà sarebbe un atto decisamente presuntuoso. Tale accusa è invece rimbalzata su Pallante, anche per opera di persone come Davide Bono, che ha visto del 'livore' nelle parole dell'esponente del Movimento per la decrescita felice (non trova invece nulla di strano quando il suo non-leader Beppe Grillo invita ad andare affanculo chi non si unisce alle sue iniziative).
Personalmente condivido la posizione di Pallante, ma andrei anche oltre: non solo non bastano buon senso e onestà, ma neppure la dedizione, occorrono invece progetti e idee. Anche quel mondo del non profit descritto da Dotti spesso non è esente da ombre, perché guidato da logiche caritatevoli e paternaliste che non permettono di mettere in luce le reali problematiche politiche. Se pensassimo veramente che la politica si facesse con buon senso, onestà e un po' di impegno, proporremmo solamente una versione più ragionevole del Movimento dell'uomo qualunque di Giannini o della Lega delle origini.
Diverso sarebbe se molti soggetti del volontariato e della società civile formassero una costituente per la realizzazione di un nuovo progetto politico. Sono convinto che l'unica salvezza per la Sinistra sarebbe smantellarla per rifarla da capo, creando una federazione di soggetti che si riconoscano in determinati valori e azzerando la sua dirigenza: ricreare partiti (neo)socialisti ripartenda dall'atto di fondazione. Ma perché, si chiedono in molti, rimanere ancorati a questa visione destra-sinistra quando, Grillo e Dotti docet, si può essere 'avanti'?
Forse proprio per non farsi fagocitare da logiche ispirate solo ai buoni sentimenti e al 'buon senso'.

sabato 11 settembre 2010

Giulio non se l'è andata a cercare

Francesco Cossiga ci ha recentemente lasciato, ma per fortuna è rimasto Giulio Andreotti a deliziarci con autentiche perle di saggezza. Perché, quando ha affermato che Ambrosoli "se l'è andata a cercare", ha semplicemente sentenziato una triste verità. E lui se ne intende, visto che di gente "che se l'è andata a cercare" il divo Giulio ne ha conosciute diverse, martiri come Carlo Alberto Dalla Chiesa, Piersanti Mattarella o Giovanni Falcone; ma anche personalità meno eroiche o sospese in una zona grigia dai contorni spesso poco chiari, come Aldo Moro, oppure autentici criminali proprio come Michele Sindona - mandante dell'omicidio Ambrosoli - il capo mafia Stefano Bontate o il corrotto Craxi.
Andreotti, invece, nel bene e nel male ha sempre saputo come "non cercarsela". E' stato presidente del consiglio del governo di 'solidarietà nazionale' tanto inviso agli USA, ma è riuscito a prenderne opportunamente le distanze senza tradire la fedele obbedienza atlantica e vedersi così la carriera compromessa. La sua definitiva ascesa politica si deve ad accordi con Cosa Nostra, ma quando si è accorto di non poterla controllare a sufficienza non ha ostentato deliri di onnipotenza e si è rassegnato, evitando la fine di Mattarella. E quando nel 1992 proverà la scalata al Quirinale, recepirà il segnale inviato con l'omicidio Lima e la strage di Capaci, rinunciando all'ambizione presidenziale.
Ma il suo capolavoro più grande è stato sicuramente l'atteggiamento con cui ha affrontato i guai giudiziari, che fanno apparire in confronto Craxi un povero dilettante.
Invece di assumere atteggiamenti improntati al "muoia Sansone con tutti i filistei" accusando la sua stessa classe politica e quindi inimicandosela, e invece di rifiutarsi sdegnosamente di sottoporsi a giudizio, ha chiesto di farsi processare sapendo che i media lo avrebbero presentato come un perseguitato, falsando qualsiasi verità processuale sfavorevole.
Una persona del genere non può che compatire il povero Ambrosoli e chi ritiene esistano dei doveri da anteporre a qualsiasi interesse personale, fosse anche la propria sopravvivenza. Sta a noi decidere a chi dei due rendere omaggio.

mercoledì 8 settembre 2010

Sindacati e automobile: il momento della verità

Alla fine Federmeccanica ha ceduto: dal primo gennaio 2012, assecondando i desideri della FIAT, il contratto dei metalmeccanici firmato nel 2008 anche dalla FIOM verrà disdetto. Le ragioni sono ben note, ossia estendere il 'modello Pomigliano' a tutta l'Italia in nome della flessibilità necessaria per competere sul mercato globale. CISL e UIL hanno già fatto sapere - ma non è una notizia - di convidere la scelta e di essere pronte a collaborare con Confindustria per questo nuovo 'patto sociale'.
Per la FIOM e per tutti coloro che non vogliono accettare i diktat dei vari Marchionne è il momento della verità, un momento storico fondamentale da cui dipende il benessere delle future generazioni di lavoratori ma non solo. Per farla breve, bisogna fare una scelta tra l'autombile e la libertà. Difendere a oltranza il vecchio modello fordista non farà altro che rafforzare la posizione degli imprenditori, i quali forse davvero hanno trovato l'unica ricetta possibile per far sopravvivere un mercato asfittico come quello automobilistico.
Ma perché questo accanimento terapeutico nei confronti dell'automobile? Perché sperare in una diffusione di massa nei paesi in via di sviluppo, accelerando il disastro ambientale? Perché riproporla nell'Occidente industrializzato che patisce da decenni le conseguenze economiche, sociali e ambientali di questa scelta scellerata?
Solo il coraggio di progettare una riconversione industriale attenta al futuro può ridare una speranza. Altrimenti, si può starne certi, a rimetterci non saranno soltanto le tute blu.