sabato 24 aprile 2010

Bella Ciao

L'anno scorso gli stati maggiori del Centro-Sinistra avevano pensato bene di invitare Berlusconi alla manifestazione del 25 aprile, in modo che potesse impadronirsi anche dell'unica ricorrenza nazionale non ancora di sua proprietà esclusiva: abbiamo così avuto il 'presidente partigiano'. Questa occasione, unitamente alle continue prese di distanza dal passato fascista degli ex-An, faceva pensare che oramai fosse finita la campagna di odio nei confronti della Resistenza.
Un anno dopo, forse complice il nervosismo che regna nel centro-destra a causa dello scontro tra berlusconiani e finiani, si è pensato bene di rispolvere argomentazioni che nel resto d'Europa sarebbero appannaggio dell'estrema destra: a Mogliano Veneto il sindaco leghista ha proibito Bella Ciao e a Salerno Cirielli ha fatto stampare manifesti dove si ringrazia gli americani per aver liberato l'Italia e impedito e la nascita di una dittatura comunista.
Non deve allora stupire che l'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) abbia registrato un boom di iscritti al di sotto dei 30 anni, che si vanno a fradualmente sostituire ai reduci della guerra che inevitabilmente anno dopo anno lasciano questo mondo. E' un'ideale passaggio di consegne: dal fascismo da combattere con i fucili a quello da affrontare con le armi dell'intelligenza, della cultura e della sensibilità.

sabato 10 aprile 2010

La Cina è vicina, ma la Fiat di più

Scontro fra titani ieri al convegno di Confindustria di Parma, dove l’Amministrato delegato Fiat Marchionne, solitamente abbastanza sobrio e morigerato (a parole, si intende; nelle chiusura di stabilimenti e nelle delocalizzazioni è sempre stato molto più estroverso) questa volta si è letteralmente scatenato, complice la presenza del leader CGIl Epifani. Per farla breve, Marchionne ha sostenuto che l’Italia deve diventare come la Cina, e avere come punto di riferimento la vertiginosa crescita economica del colosso asiatico, stimabile nel 9,5% all’anno. "L'industria ha l'obbligo di cercare tutte le condizioni per competere, ma i sindacati invece di ripetere le stesse cantilene - qui l'ovazione dei presenti - devono diventare parte della soluzione", cioè dovrebbero accettare supinamente il massacro dei diritti dei lavoratori; e quando Epifani ha blandamente ricordato che la crescita della Cina si deve per lo più a un regime dittatoriale che impone condizioni sul lavoro praticamente schiavistiche, Marchionne ha ironizzato: "Mi fa piacere che si preoccupi della qualità della vita in Cina". Purtroppo ha parlato con tono molto meno scherzoso quando ha annunciato la chiusura della stabilimento di Termini Imerese a fine 2011.
Nonostante le bestialità affermate, l’AD Fiat è sicuramente uscito vincitore dallo scontro con Epifani, perché è riuscito a far apparire il sindacato come una palla al piede per il paese: eppure sarebbe bastato davvero poco per ribaltare la situazione e irridere le concezioni del grande industriale.
Innanzitutto si poteva chiedere qual è il senso della crescita per la crescita, interrogarsi sul motivo per cui gli italiani dovrebbero rinunciare a gran parte del loro benessere per aumentare la produzione di chissà quali prodotti, magari altri milioni di porcherie a basso costo da aggiungersi a quelle che già inondano i nostri mercati? Dovrebbero accettare condizioni ecologiche e ambientali (oltre a quelle salariali) al limite della sopravvivenza, come accade in gran parte della Cina? Per fare un piacere al fatturato della Fiat?
Ci sarebbe stato però un argomento che avrebbe spiazzato per sempre Marchionne e tutti i soloni della crescita economica: sono i cinesi stessi a consigliare di non seguire il proprio modello, e non si tratta di gruppi dissidenti di opposizione, ma delle massime autorità del regime, e non da oggi. Nel 2007 il primo ministro Wen Jiabao nella sua relazione all’Assemblea Nazionale del Popolo esprimeva il forte timore di una ‘esplosione’ della Cina, e metteva in guardia sulla necessità di vincolare l’incremento del PIL all’8%, soglia oltre la quale avrebbe significato sprecare soldi ed energie in progetti inutili e sconsiderati, a forte rischio di impatto ambientale. Per finire, Wen Jiabao si dimostrava preoccupato sul fatto che la crescita eccessiva potesse danneggiare ‘l’armonia sociale’, e questo in una nazione dove è possibile rispondere alle contestazioni in modi sicuramente molto poco ‘armonici’. (il rapporto è consultabile da varie fonti sul Web). Se quindi dobbiamo dare retta al loro stesso primo ministro, la Cina del 2010 ha disatteso l’imperativo categorico di contenere la crescita, e grossi guai sono all’orizzonte, che però toccheranno l’intero pianeta, incapace di contenere le manie di grandezza della Cina.
Contagiato dal delirio comico di Marchionne, ci ha pensato Colaninno a chiudere degnamente la serata tra l’ilarità generale della platea degli industriali: "In Cina dovremo esportare Epifani". Non sarebbe una cattiva idea farlo accompagnare da certi industriali sempre pronti a reclamare aiuti (di stato) per se stessi e sacrifici per gli altri.

martedì 6 aprile 2010

Silenzio vaticano sui cattolici vilipesi

Ancora una volta ci vediamo costretti a dare ragione agli integralisti cattolici: i cristiani sono effettivamente perseguitati nel mondo, persino nei paesi occidentali, e in taluni casi addirittura subiscono delle offese paragonabili a quelle dell’antisemitismo hitleriano, come accusava il tanto vituperato Padre Raniero Cantalamessa. Che cosa si può dire infatti di fronte a un gruppo di fedeli che si vede costretto a rinunciare alla processione pasquale perché il priore si è ritrovata l’abitazione crivellata da colpi di fucile sparati da misteriosi cecchini?
Questo fatto non è avvenuto né in Nigeria né in altra nazione soffocata da conflitti religiosi, bensì a Sant’Onofrio provincia di Vibo Valentia, in una regione come la Calabria nota per religiosità della popolazione. A dire il vero gli autori di questo gesto criminale non sono tanto misteriosi: in quel paese andava tutto bene “fin quando il vescovo di Mileto, Luigi Renzo, ha deciso di far girare per le parrocchie della provincia un "direttorio", un regolamento interno, per le "buone pratiche" nelle manifestazioni pubbliche. E tra le "raccomandazioni" del vescovo proprio quella di tenere lontane dalle processioni le "persone discusse". Un'indicazione seguita dal parroco don Franco Fragalà e dal priore della confraternita che si occupa del sorteggio dei nomi dei portatori, Michele Virdò. Un elenco che non è piaciuto ai boss” (http://www.repubblica.it/cronaca/2010/04/05/news/ndrangheta_processione_pasqua-3135498/). La colpa quindi è ben chiara: l’invito a escludere i pezzi grossi dell’Ndrangheta, che notoriamente si ritengono delle persone pie e timorate di Dio.
Il Vaticano avrebbe tutto l’interesse a diffondere questa notizia urbi et orbi, non solo per esaltare il coraggio degli ecclesiastici coinvolti e non farli sentire isolati, ma anche per dimostrare che la Chiesa non è solo quell’apparato affaristico che molti anticlericali rappresentano; anzi, è dalla parte della giustizia contro l’oppressione criminale, anche quella espressione della potenza mafiosa. Con un po’ di cinismo, si può affermare che non c’era spot migliore per redimersi in qualche modo rispetto alle accuse sulla copertura e l’insabbiamento dei casi di pedofilia commessi dai membri del clero per il mondo.
Evidentemente in Vaticano hanno preferito non approfittare di quest’opportunità, perché si è evitato qualsiasi riferimento. Durante la cerimonia pasquale, sconvolgendo il rito tradizionale (e poi dicono che Ratzinger è un conservatore!) prima del messaggio del Papa è intervenuto il Cardinale Sodano: “Tutta la Chiesa è con lei. Il popolo di Dio non si lascia impressionare dal chiacchiericcio del momento, dalle prove che talora vengono a colpire la comunità dei credenti”. A parte il buon gusto discutibile di consolare il Papa sul fatto che i fedeli, nonostante tutto, gli vogliono ancora bene, forse a Sant’Oforno potrebbero ricordare a Sodano che alcuni cristiani vengono ‘colpiti’ nel vero senso del termine, e non da chiacchiere. Del resto bisogna capirlo: uno come lui, che è stato imperturbabile nunzio apostolico nel Cile di Pinochet, difficilmente si fa impressionare da qualche pallottola sui muri.

sabato 3 aprile 2010

Necessità di decrescita anche 'virtuale'?

Siamo soliti considerare l’informatica e la Rete come degli sviluppi tecnologici che possono dare una grossa mano alla battaglia ambientalista: per quanto il processo di costruzione di un computer non sia esattamente ‘pulito’ (al contrario è molto oneroso per l’ambiente), non si può tuttavia mettere in dubbio che la digitalizzazione dei contenuti e il loro trasferimento in tutto il mondo con qualche click di mouse, ad esempio, consenta di risparmiare carta, imballaggi, trasporti e molti altri processi altamente inquinanti; lo stesso vale per strumenti come chat e teleconferenza, che permettono di annullare le distanze senza doverle coprire fisicamente.
Adesso però Greenpeace ci avvisa che non è tutto oro quel che luccica, e che un certo modo di gestire la Rete può addirittura danneggiare l’ambiente, ad opera di internauti inconsapevoli alla stessa maniera di chi, consumando una barretta di Kit-Kat, non sa di favorire il massacro degli oranghi e della foresta pluviale. Ma com’è possibile, dal momento che dal computer e dal monitor non escono emissioni di alcun genere?
“All'attuale tasso di crescita stimiamo che i data center e le reti di telecomunicazione consumeranno quasi duemila miliardi di kilowattora di elettricità nel 2020. È oltre il triplo del loro consumo attuale e più del consumo elettrico di Francia, Germania, Canada e Brasile messi insieme”. Sotto accusa in particolare sono I-Pad di Apple e il social network Facebook, i cui giganteschi server saranno probabilmente alimentati da centrali a carbone per fronteggiare la smisurata impennata energetica. Tutto ciò dovrebbe non solo portare alla promozione di campagne di opinione affinché le grandi aziende della galassia di Internet si convertano alle energie rinnovabili, ma far riflettere sul modo in cui viene gestita e impiegata oggi la Rete.
Una decina di anni fa in molti temevano che il massiccio ingresso di contenuti video e multimediali attraverso il Web (favorito dai grandi colossi dell’informazione e dell’entertainment) avrebbe alterato il carattere paritario della Rete, portando gradualmente a un modello broadcasting tipico dei mass-media come la televisione, dove gli utenti sono solo dei fruitori passivi; se tutto ciò non è successo, o solo molto parzialmente, il merito è del mondo hacker che non ha smesso di elaborare tecnologie che valorizzassero il ruolo attivo dell’internauta, e sono sorte così realtà encomiabili tipo Youtube poi diventate rapidamente business.
Ora però la Rete sembra soffrire di una sorta di gigantismo, non per il suo carattere globale che è anzi naturale, ma perché le grandi corporation come Apple la usano mezzo per la trasmissione di servizi sovradimensionati anche per il più esigente degli uomini di affari, miliardi e miliardi di bit che vanno a intasare un pianeta virtuale che, al pari di quello reale, ha capacità di smaltimento enorme ma non infinita. Che sia necessario forse pensare anche a una ‘decrescita’ della Rete? In ogni caso, dobbiamo salvaguardare questa risorsa preziosa prima che possa collassare o peggio ancora trasformarsi in un’altra delle armi di autodistruzione di massa create dallo sviluppo.

venerdì 2 aprile 2010

Il Grillo furioso

Non sembra essere un pesce di aprile il duro commento di Beppe Grillo sulla proposta di De Magistris di realizzare un laboratorio politico tra IDV, Movimento5Stelle e l’area ‘vendoliana’ (“Parla a nome del Movimento 5 Stelle senza averne l'autorità... i passi se li faccia da solo”), che non risparmia neppure il cosiddetto ‘popolo viola’ (“Il popolo viola (chi è?) con le manifestazioni sovvenzionate dai partiti è per lui un punto di riferimento”).
Qualcuno parlerebbe sicuramente di ‘vertigine da successo’, un’espressione utilizzata da Stalin riguardo ai risultati fin troppo positivi ottenuti dai kolchoz. Forse malignerebbe anche sul fatto che, trattandosi di un movimento locale senza coordinamento nazionale, Grillo ha un potere un po’ staliniano sulla sua creatura; oppure verrebbe da pensare che, se fare una proposta è ‘parlare a nome di qualcuno’ che cosa significa chiedere le dimissioni di Bersani (come ha fatto ieri il comico genovese) senza essere tesserato del PD? Di certo questa volta il principio per cui “ognuno conta uno” non sembra essere stato seguito proprio alla lettera, e anche all’interno del blog di Grillo si sono levate voci a difesa di De Magistris. Si potrebbe anche ricordare che, se l’IDV è un partito “come tutti gli altri”, allora forse non era il caso di scrivere la prefazione del libro di Di Pietro.
A parte queste polemiche, a mio parere il vero problema è che l’attenzione si sta spostando dal programma del Movimento, cioè quanto di più avanzato esiste (almeno in Italia) in materia di diritto all’informazione, di alternativa energetica e di tutela ambientale, alla forma dei ‘contenitori politici’ che dovrebbero combattere la deriva berlusconiana. Eppure questo stesso programma in origine doveva essere un ‘virus’ senza copyright pronto a ‘contaggiare’ le varie forze politiche: ora invece si discute del Movimento5Stelle, dell’IDV o di qualsiasi altra cosa come se dovessero essere il fine e non il mezzo per realizzare dei cambiamenti.
Anche l’ammirazione di Grillo per la Lega, in quanto ‘radicata sul territorio’, lascia alquanto perplessi. È vero che sono riusciti a presentarsi come unica forza realmente popolare nel paese, ma non bisogna scordare che Bossi e compagni hanno impiegato molto poco tempo a diventare apparato, alleandosi dapprima con quella piccola-media imprenditoria allergica al fisco e amante del lavoro nero, poi diventando degli alleati di Berlusconi a parole molto indipendenti e riottosi ai diktat, nella realtà assai ubbidienti e fedeli (fatta eccezione per la caduta del primo governo di centro-destra). Mi auguro sinceramente che Beppe non abbia in mente un modello del genere per il Movimento5Stelle.

giovedì 1 aprile 2010

Ratzinger ovvero l'eversione della legge

Forse hanno proprio ragione i cattolici integralisti alla Binetti quando sostengono che le parole del Papa vengono ingiustamente strumentalizzate da mass-media miscredenti; ad esempio, riguardo alle recentissime esternazioni sul dovere del cattolico a trasgredire il diritto non in linea con la dottrina della Chiesa, Ratzinger non si è limitato solo a incoraggiare l’obiezione di coscienza contro l’aborto in tutte le sue forme, ha anzi specificato che si trattava solo di “un esempio”. Il suo discorso è stato molto più complesso e articolato.
"La lotta dei cristiani consisteva e consiste - ha detto Ratzinger - non nell'uso della violenza, ma nel fatto che essi erano e sono tuttora pronti a soffrire per il bene, per Dio. Consiste nel fatto che i cristiani, come buoni cittadini, rispettano il diritto e fanno ciò che è giusto e buono. Consiste nel fatto che rifiutano di fare ciò che negli ordinamenti giuridici in vigore non è diritto, ma ingiustizia."
Ha poi aggiunto: "La lotta dei martiri consisteva nel loro 'no' concreto all'ingiustizia: respingendo la partecipazione al culto idolatrico, all'adorazione dell'imperatore, si sono rifiutati di piegarsi davanti alla falsità, all'adorazione di persone umane e del loro potere". Estrapolate dal loro contesto generale, sembrerebbero quasi affermazioni di un predicatore della teologia della liberazione e, se i cattolici le prenderanno alla lettera, dovremo aspettarci da loro comportamenti molto radicali quasi ai limiti dell’eversione.
Infatti, alla luce di queste premesse, sarà impossibile non opporsi a tutti i tentativi di trasformare la legge nella tomba del diritto, privilegiando il più forte e il più ricco e trasformando l’apparato giudiziario in una macchina repressiva nei confronti dei più deboli. Sarà necessaria quindi una violazione sistematica di leggi come la Bossi-Fini, che introducono il concetto di ‘colpa d’autore’ di hitleriana memoria attraverso la condanna penale della clandestinità, e più in generale di tutte quelle norme che creano disparità sociale in base al paese di provenienza e/o al colore della pelle.
I martiri a loro tempo non hanno dovuto affrontare problematiche come quella della privatizzazione dell’acqua, ma siamo sicuri che oggi combatterebbero in prima linea contro la trasformazione di un bene (o meglio, di un vero e proprio dono di Dio, per il credente) in un lusso privato da pagare profumatamente. E quanto al rifiuto dell’ “all'adorazione di persone umane e del loro potere”? Vi viene forse in mente qualcuno in particolare noto per le sue tendenze, per così dire, neopagane? Di sicuro gli abortisti non sono conosciuti per ricevere particolari adorazioni.
Ecco quindi che la sortita di Ratzinger potrebbe non solo ricevere il plauso di Cota e del PDL, ma anche stimolare reazioni inaspettate da parte di persone di orientamento alquanto differente.