sabato 29 dicembre 2012

Cambiare si può? Si deve, ma per davvero...

La vera notizia di oggi è che, ahimé, Antonio Ingroia non sarà più un magistrato anti-mafia, qualunque cosa dovesse succedere. Le dichiarazioni del PM palermitano nella conferenza stampa di oggi - la riluttanza nella lotta alla mafia del PD, la vicinanza di Grasso a Berlusconi in chiave anti-Caselli - può scandalizzare solo chi in questi anni aveva gli occhi foderati di prosciutto. Preso atto della partecipazione di Ingroia, persona degnissima e di assoluto valore, resta da capire se le forze che lo sostengono - racchiuse nei contenitori di Rivoluzione Civile e Cambiare Si può - sono in grado di essere quei movimenti di rottura necessari per questa fase storica: in realtà, si oscilla tra elitarismo intellettuale (anche se di altissimo livello, vedo il caso di ALBA) e pericoloso collateralismo con il centro-sinistra, con in mezzo un sostegno della società civule di altissimo spessore (vedi Agende Rosse o Tavola della Pace). Personalmente, ritengo che l'utilità di una forza politica sia pari alla sua capacità di far intraprendere azioni dirette dai parte dei cittadini, di cui questa forza deve essere emanazione A oggi, dubito che il 'quarto polo' (che pure compensa il disagio di molti cittadini allergici al PD e al M5S) sia capace di catalizzare movimenti come i No-TAV valsusini o i Cittadini e lavoratori liberi e pensanti tarantini; la gravosa presenza dei partiti (IDV, Verdi, Federazione della Sinistra), mi fa propendere più per il M5S, non senza molte riserve. In ogni caso, il problema non è Ingroia, bensì il suo utilizzo come toppa per coprire mancanza di idee o confusione (la scritta INGROIA a caratteri cubitali nel simbolo non è un caso). Saper esistere a prescindere dalle persone - per quanto eccezionali siano - dovrebbe essere una condizione di partenza per qualsiasi serio processo politico, ma forse non basteranno i due mesi che separano dalle elezioni.

venerdì 7 dicembre 2012

A volte ritornano

Ovviamente è assurdo vedere tutto con gli occhi del complottismo, però è incredibile osservare come i fatti casualmente sembrino incastrarsi bene gli uni con gli altri. In uno dei momenti più bassi della storia dell'Italia repubblicana, con la Consulta che eleva Napolitano a livello di sovrano intoccabile negando alla procura di Palermo di utilizzare le intercettazioni in cui è coinvolto, l'opinione pubblica assiste al "ritorno della politica" con le primarie del PD e soprattutto con il prepotente ritorno al vertice di Silvio Berlusconi, con un colpo di coda che potrebbe causare niente di meno che la caduta del governo intoccabile di Monti. Se consideriamo che anche altrove si assiste a strani fenomeni, come la proposta del FMI di rinegoziare una parte del debito greco, verrebbe da pensare che sia arrivata, dopo tante e tante bastonate, la fase della 'carota', per evitare pericolose esplosioni di rabbia di cittadini che si sentono sempre più distanti dal potere politico e della Stato in generale. Non so se basteranno Bersani "unto dalle primarie" e la riscossa del PDL per tenere a freno M5S ed eventuali altri terzi incomodi, ad esempio la nuova galassia arancione. Sicuramente serviranno per coprire l'onta del privilegio riservato a Napolitano e, complottismo a parte, confermano l'assioma teorizzato a suo tempo dall'iper-realista Giuliano Ferrara: "Devi essere ricattabile, per fare politica. Devi stare dentro un sistema che ti accetta perché sei disponibile a fare fronte, a essere compartecipe di un meccanismo comunitario e associativo attraverso cui si selezionano le classi dirigenti". Ingroia se ne faccia una ragione, aggiungiamo noi.

martedì 27 novembre 2012

Cambiare niente per non cambiare niente

Oggi sul Corriere Aldo Cazzullo, autore di "L'Italia si ridesta", scrive che la presenza della bandiera italiana su praticamente tutti i simboli di partito va intesa come la ripresa del sentimento nazionale da parte del popolo italiano, che avrebbe contaggiato i partiti. Si metta l'anima in pace, non c'è alcun "ridestamento" particolare in atto: semplicemente, in assenza di idee questi partiti-immagine non hanno nulla di meglio che esporre il tricolore per riempire il proprio simbolo; dopodiché resta solo un grande vuoto. Ne sa qualcosa il PD che, reduce dal primo turno di primarie, secondo alcuni vede infuriare al suo interno una contesa in stile "guelfi-ghibellini", ovvero lo scontro bersaniani-renziani. In realtà, questi "scontri" ripetuti fino alla noia vertono esclusivamente sulla solita 'rottamazione' della vecchia classe dirigente e sull'argomento "essere di sinistra", a cui per fortuna si è aggiunto l'argomento brogli per non cadere nella monotonia più totale. Abbiamo sempre parlato di Forza Italia come partito-immagine, ma il PD sicuramente si presta meglio come campione di democrazia da talk-show: invece di un leader sempre uguale, è capace di sfoderare due dirigenti che sembrano uno l'antitesi dell'altro. Il vecchio Bersani, con la sua parlata emiliana che trasuda di festa dell'Unità, si propone come prosecutore dell'anima rossa del vecchio PCI, mentre il giovane e intraprendente (o arrivista) Renzi viene a incarnare la nuova anima liberal. Peccato che entrambi i leader, al pari di Vendola, Puppato e Tabacci, abbiano firmato un documento per "L'Italia bene comune" che impegna al rispetto di tutti i trattati in corso con l'Unione Europea, impegnandosi di fatto a proseguire l'agenda Monti. Ho già parlato della politica italiana come Wrestling, e sicuramente con le primarie è andata in onda la Wrestlmania del PD, versione inedita del panem et circenses latino, dove la politica è stata integrata nel divertimento. PS: non vedevo l'ora di sentire le proteste accorate del centro-destra contro l'occupazione mediatica del servizio pubblico per le primarie PD, per lo scandalo di aver realizzato uno spot che ne spiegava il funzionamento come se si trattasse di un'elezione politica o amministrativa; bramavo all'idea, per la prima volta, di unirmi in protesta con i vari Cicchitto, Alfano, Ghedini. E quando ho visto Giorgia Meloni presentarsi ai seggi PD, ho finalmente pensato che venisse per cantargliene quattro. Invece è venuta solo per complimentarsi: chapeau, neppure il tychoon di Arcore era mai riuscito a sfruttare i media per mistificare fino a questo livello la realtà.

martedì 20 novembre 2012

Gaza, Italia

Può sembrare assurdo e immorale paragonare le bombe israeliana su Gaza con le manganellate e i lacrimogeni della Polizia italiana sugli studenti, ma forse non è poi troppo azzardato, ovviamente riscontrando le dovute differenze. Israele bombarda un popolo di non cittadini che vivono in una situazione di colonizzazione, nell'altro caso la polizia attenta all'incolumità dei suoi stessi giovani. Nel primo caso c'è uno stato che può usare come giustificazione lo "stato di perenne emergenza" per ottenere obbedienza dalla sua popolazione, creando una situazione dove diventa normale scrivere sui quotidiani (si vada a vedere il Jerusalem Post di questa settimana) che Gaza ha bisogno di un bombardamento a tappeto in stile Hiroshima, senza destare particolari sussulti di indignazione. Nel secondo caso invece c'è uno stato che deve cercarsi una legittimità e che, dopo averla cercata nella lotta agli immigrati e in altri deliri xenofobi nell'era Bossi-Berlusconi, non riesce a trovarla in impegni di alto valore morale come l'austerità e la lotta al debito. Sarebbe molto più facile per uno stato come l'Italia, dove le istituzioni perdono ogni giorno i residui barlumi di credibilità, ottenere la tanto agognata "unità nazionale", glorificata dal presidente Napolitano, se ci fosse una minaccia terroristica in stile Hamas da cui difendersi. In fondo che cosa resta a uno stato una volta che rinuncia alla sua funzione di garante di diritti universali, come fa a giustificare la sua posizione di superiorità e privilegio sui cittadini? Quali nuovi 'sicurezze' dovrebbe garantire ai suoi cittadini? Secondo molti politici machiavellici, sicuramente lo stato di Israele si trova sicuramente in una posizione di vantaggio - almeno per ora.

mercoledì 31 ottobre 2012

Il testamento di FikaSicula

(Fikasicula, una delle militanti principali del sito Femminismo a Sud, ha annunciato oggi in un post il 'suicidio' della sua identità virtuale. Lo ripropongo sul mio blog perché, oltre a condividere i suoi dubbi sulle modalità in cui viene discussa la lotta alla discriminazione, ritengo che le sue osservazioni debbano far riflettere parecchio sulla militanza 'bloggeristica' e sui suoi pesanti limiti - osservazione che vale innanzitutto l'autore di questo blog) Io leggo questo e questo e mi rendo conto di stare in un altro pianeta. Penso al femminismo queer, alle lotte di genere, alla precarietà, alle sovversioni mediatiche e comunicative, alle lotte di intere generazioni di tutti i sessi, allo stato/nazione che esiste solo per la repressione e non esiste più per le merci, al fatto che da prima di Genova, il g8, si parla di pensare globale e calare le lotte sul locale e mille altre questioni impellenti e imminenti che mi/ci interessano. Poi penso all’Italia e vedo un branco di persone che dice di difendere i diritti delle donne che tallonano una donna in modalità da crociata per farle correggere “registro” del suo blog. Penso agli obiettivi del femminismo italiano o quanto meno di alcuni femminismi o presunti tali che gravitano in Italia: - chiudere una pagina facebook in cui si parla di padri separati (questo è un obiettivo primario per alcune). - eliminare la Pas dalla faccia della terra (e siamo noi ad aver inserito l’argomento in circolo salvo trattarlo in senso antiautoritario come mille altre questioni, perchè sganciato dal resto è solo un nuovo elemento utile per demonizzare vite, gente, persone). Eliminarla salvo ricorrere a metodi autoritari e censure e pesante persecuzione delle persone che non usano un lessico di un certo tipo e problematizzano questa cosa invece che archiviarla come si trattasse di articoli ricorrenti in uso ai mostri. - rincorrere il 50/50 di uno Stato che non conta un cazzo, di un governo che non conta un cazzo, di un paese, l’italia, che non conta un cazzo, nello scacchiere della politica internazionale. Mentre siamo totalmente succubi, in ipocrite e finte parvenze di democrazia e sovranità territoriale, delle decisioni che vengono prese altrove, nelle banche, multinazionali, fmi, g8, bce. Qualcuno lo dica alla Terragni, per favore, che chiacchierare con la santanchè e bruciarsi l’ultimo pezzo di utenza che le è rimasta non vale la pena. A lei che chiede il bipartisanismo in nome della fika perché noi che ce l’abbiamo siamo tanto brave. Infatti la Fornero è braverrima, si sa, e tutte quante non vediamo l’ora di vederla e di dirglielo. Di persona. - inserire in classifica il termine femminicidio nel devoto-oli o nello zingarelli oltreché nel frasario di calciatori fascisti anche se nessuno di loro sa che significa. Qualcuna, le autoritarie, vogliono farlo diventare un’aggravante per punire i morti. perchè la maggior parte dei femminicidi finiscono con il suicidio del colpevole. dunque avremo un’aggravante per punire i cadaveri il che vuol dire che li seppelliremo aggravando il peso della lapide sulla quale scriveremo Tiè. - rompere le ovaie a noi per la nostra “non-linea”, sul fatto che ciascun@ di noi, vedi tu che insolita libertà, può scrivere sullo stesso blog il cazzo che le/gli pare. romperci le ovaie in ogni dove. sul blog, su facebook, in qualunque posto. - riesumare le “storiche” per accreditare teorie femministe vecchie quanto il cucco e convincere tutte che l’obiettivo massimo da portare avanti sia la “rappresentanza” e sia quello di coprire i culi delle modelle anche se le modelle se ne fottono di mostrare il culo. E nel frattempo le migranti vanno a morire, in ogni posto entro i confini della civile europa a cui talune si beano di appartenere. E di lavoro non ce n’è e l’economia è fatta per privilegiati in barba alla gente come noi. E succede il finimondo in ogni nazione e in ogni Stato e noi siamo qui costrette a dibattere sulle politiche di condominio di un femminismo provinciale che filtra pure le pubblicazioni straniere che dobbiamo andare a recuperare altrove. E per fortuna che conosciamo le altre lingue perché altrimenti sai che tristezza andare in libreria a leggere le stronzate di Se Non Ora Quando e i libri in cui si parla sempre delle stesse cose. Con qualche eccezione che sentiamo il bisogno di citare di tanto in tanto. E nel frattempo i fascisti in ogni campo recuperano terreno e non di nome e nei corpi ma nella cultura e nei metodi perchè fasciste sono anche tante donne che moralizzano, fanno le ronde reali e virtuali, e poi vengono a dire a noi cos’è femminismo e cosa non lo è. E nel frattempo le destre e gli autoritarismi permeano ogni angolo sulla faccia della terra e noi siamo ancora qui obbligate a spiegare perché delle primarie non ci piace niente e perchè votare per un governo che non governa nulla non serve a niente e perché le persone che fanno scelte contro le donne poi non possono chiedere il voto alle donne così come le persone che assumono decisioni contro tutta la gente che lotta ogni giorno, i movimenti, chi esige e rivendica diritti, non possono venirci a chiedere nulla. proprio niente. Se il femminismo italiano è questo io sono antisessista e antifascista e antirazzista e antispecista e antiautoritarista e me ne sbatto di chiamarmi femminista. Se a questo ci siamo ridotte: a dover litigare, e spiegare, e rispondere a interrogatori idioti ogni due minuti per avere la libertà di esprimere una opinione allora bisogna anche ripensare i metodi di confronto tra questi presunti femminismi. Si torna alle assemblee reali, magari, ché ce lo dicano in faccia che l’unico modo in cui si può parlare delle questioni è quello di rispolverare metodi medioevali e forconi con tanta voglia di linciaggio forcaiolo che c’è da ogni parte. I movimenti in generale, non solo il femminismo, sono alla deriva se perfino quelli di anonymous, che dovrebbero avere ereditato un po’ di etica hacker, non fanno che esaltare il proprio ruolo di giustizieri del web consegnando all’attenzione del pubblico gli indirizzi e i nomi e i cognomi di gente che magari non è d’accordo. Ché poi, mi chiedo, ripensando agli scoop su silkroad, che gli hacker fossero così inclini a cercare la gente per consegnarla ai militari a me è del tutto nuova ma tant’è. generazioni differenti e diversi metodi e su questa cosa prima o poi bisogna un po’ rifletterci. Ma a parte questo è diventato tutto un grillismo e grillare e fare dell’indignazione la sostanza politica delle cose, senza approfondimenti, senza ricerche, senza voglia vera di andare oltre e di produrre proposta culturale e politica, senza la voglia di ascoltare, mentre ti strillano se solo osi dire “ma” o se non usi il tono urlato che a me viene da usare adesso perchè ne ho abbastanza, ed è un susseguirsi di narcisismi in cui o con me o contro di me e addio alla pluralità e alla democrazia perché ogni cosa diventa una ideologia. Finanche la lotta contro la violenza sulle donne e questo un po’ mi spiazza. Mi spiazza pensare che non c’è libertà per la dialettica interna, che non ci si può confrontare tra diversi modi di pensare, che esistano dei mostri comunicativi liberati che producono scandali televisivi al servizio di programmi trash della tv. Mi spiazza e devo chiedermi quanto anch’io ne sono responsabile, e me lo sono chiesto, se ho contribuito a creare questa merda di clima culturale cristallizzato, asfittico, colmo di dogmatismi, volto verso pericolose derive autoritarie e dopo che me lo sono chiesto poi impiccarmi, magari, giacché pare non sia lecito ripensarsi e rimettersi in discussione in un discorso pubblico, intellettualmente onesto, senza incorrere nell’ira di fan che sentono tradito l’obiettivo unico che li animava e le faceva esistere. Fan che pensano che un luogo di ricerca collettivo costantemente in progress, così è da anni, come Femminismo a Sud sia diventato un reality show in cui a loro basta dire che sei “nominat@” e dovresti morire seduta stante. Fan che all’obiettivo del femminismo da condominio (virtuale) accreditato aggiungono: - cagare il cazzo costantemente e abbattere la pagina facebook di femminsmo a sud esattamente come facciamo con quell’altra pagina dei soggetti di cui sopra. E c’è bisogno in modo assurdo di icone da canonizzare e distruggere ed è così che un nick come il nostro, che è e resta collettivo, per quello che mi riguarda, a me che ora lo uso, torna scomodissimo perché è diventato il catalizzatore di tanto odio e amore e se prima era utile affinché aiutasse a liberare le idee perché non ci si concentrasse sul nome, i titoli accademici e le persone che le diffondevano, oggi è diventato una trappola, una prigione entro cui le idee muoiono e vengono considerate solo in rapporto a chi scrive e non in rapporto a cosa si scrive. Pensate a quale livello di delirio siamo arrivati se un nick come FikaSicula è diventato per certune/i questo. Dunque bisogna che FikaSicula muoia e muoia senza alcuna esitazione. Muore FikaSicula e si liberano le idee perché FikaSicula si è rotta le ovaie di fare da catalizzatore di tutta la merda del web e perché chi sa qualcosa di mediattivismo tanto quanto ne so io sputerebbe su un nick così come su hegel quando il nick diventa rappresentativo di una qualunque “autorità”. FikaSicula non è. Non è mai stata. Non ha in mano le sorti del mondo, i destini dell’umanità e tutto quello che vuole è continuare a esprimere le sue idee. Ovunque. FikaSicula is dead. Lunga vita al collettivo FaS.

giovedì 11 ottobre 2012

Wrestlcommedia

Nel mondo del wrestling, sport entertaiment predeterminato a tavolino, esistono degli autori che hanno il compito di trasformare i lottatori in personaggi che, in base a delle storyline, saranno riconosciuti dal pubblico come 'face' (buoni) o heel (cattivi): ogni tanto un personaggio compie un 'turn', passando da face a heel o viceversa. Nello scenario politico italiano, l'eterno giovane Matteo Renzi nasce sicuramente come face, outsider uscito a sorpresa (?) vincitore delle primarie per il comune di Firenze, rottamatore dei vecchi politicanti; poi, causa certe uscite infelici più o meno note (vedi l'invito segreto a casa di Berlusconi, la difesa a spada tratta degli inceneritori), alcune cadute di stile (la recente polemica con il blogger satirico Zoro, ad esempio) e un certo malcelato opportunismo in vista della corsa alle primarie del PD, Renzi ha cominciato pericolosamente a turnare heel. Ma per fortuna ci ha pensato uno degli heel per eccellenza del panorama italiano, il 'cattivo' e antipatico Sergio Marchionne, a riportare su la stella del sindaco fiorentino, con una uscita su Firenze che forse neppure gli autori del wrestling avrebbero mai messo in bocca al più crudele dei lottatori. Così, dopo il Renzi-Obama italiano, il Renzi-rottamatore, il Renzi-fiero partecipante della ruota della fortuna, il Renzi scrittore, il Renzi-che prende voti dalla destra, abbiamo adesso anche il Renzi 'de sinistra' vendicatore della parola tradita degli operai di Pomigliano. Tutto molto bello e avvincente, proprio come uno spettacolo di wrestling: i lottatori sembrano scannarsi di santa ragione, invece mettono in pratico un canovaccio prestabilito cercando di renderlo il più verosimile possibile, fuori dal ring e dalle arene sono amici o quantomeno colleghi affiatati che collaborano al fine di una recita realistica. Nel caso di Renzi e Marchionne, forse gli autori hanno calcato un po' troppo la mano...

giovedì 27 settembre 2012

Dagli altari alla Polverini

Renata Polverini, nella conferenza stampa in cui annunciava le dimissioni, era visibilmente inviperita e per ragioni perfettamente comprensibili: è sempre brutto arrivare a festa finita, dopo che hai visto per anni i tuoi compagni d'avventura bearsi di privilegi di ogni genere nella più totale accondiscendenza di autorità politiche e mediatiche. Dove sono finiti, si sarà chiesta la Renata furiosa, i bei tempi in cui un Cuffaro condannato in primo grado per mafia poteva trincerarsi dietro il coro della 'persecuzione giudiziaria della magistratura militante di Palermo', i tempi in cui il condannato Dell'Utri poteva godere della pubblica 'vicinanza umana' del presidente della Camera Casini, i tempi in cui i Ghedini di turno ci ricordavano che la condanna definitiva scatta solo in terzo grado e la prescrizione è assoluzione? Perché nessuno dall'alto si muove per bloccare le inchieste come accadde a De Magistris con Why Not? Perché improvvisamente si apre uno squarcio nel cielo del porto delle nebbie per antonomasia, la procura di Roma? Perchè Frattini parla solo ora della candidatura della Minetti come di una 'porcheria' e perché solo ora il PDL scopre la questione morale, con tutti i piagnistei della grande stampa compresa quella di patron Berlusconi? Che cos'è successo a quella recente età dell'oro del 'primato della politica', adesso che un presidente di regione 'democraticamente eletto dai cittadini' si vede costretto a dimettersi senza neppure un avviso di garanzia o una qualsivoglia notizia di reato, per lo più spronata - caso unico nella storia repubblicana e contravvenendo a qualsiasi prassi costituzionale - dal ministero degli interni e dal capo del governo in persona? Forse è successo che i tempi sono cambiati e che il cavallo azzoppato va soppresso per il suo stesso bene, specialmente se la sua agonia rischia di travolgere anche il ronzino destinato al successo elettorale. Perché di fatto, dopo il caso Favia, l'implosione della giunta regionale Lazio porta altra acqua al mulino del PD-UDC, con la tourné pre-primarie del sempre giovane Renzi quale ciliegina sulla torta del 'rinnovamento' contropposto al marciume del vecchio centro-destra. E Mario Monti, come ci ricorda oramai sempre più spesso, non intende candidarsi perché non ne ha bisogno: Napolitano ha già provveduto a nominarlo senatore a vita e la sua figura è inamovibile, che piaccia o no che vesta i panni del presidente del consiglio o meno lui nella prossima legislatura ci sarà e farà sentire l'influenza sua e dei poteri forti che lo sostengono. Noi altri comuni mortali Polverini siamo e Polverini torneremo.

domenica 9 settembre 2012

Due piccioni con una Favia

Nel momento in cui Monti pontifica contro le forze politiche 'antagoniste e populiste', Napolitano parla di 'impegni europei da rispettare oltre Monti' e mentre la BCE si arroga poteri assoluti di sorveglianza bancaria, la trasmissione di La7 Piazzapulita fa andare in onda un presunto fuorionda del consigliere regionale dell'Emilia Romagna Giovanni Favia che accusa Casaleggio di essere il grande burattinaio di Grillo e del M5S. Che dire, la coincidenza di tempi è veramente strabiliante e se aggingiamo tutte le strane anomalie di questo fuorionda allora c'è più di qualche motivo per gridare al complotto, che non avrebbe potuto avere scenario migliore di una rete 'neutrale' come La7 e di una trasmissione condotta da giornalisti di provata indipendenza come Telese e Formigli (più il secondo del primo, per la verità). Se poi scopriamo che l'intervista e il relativo fuorionda risalgono a luglio e lo scoop viene tirato in ballo solo adesso, allora ci troviamo di fronte al classico caso in cui tre indizi fanno una prova. Peccato che i 'grandi comunicatori' Grillo e Casaleggio e il M5S stiano facendo di tutto per assecondare la strategia complottista, con un atteggiamento all'insegna del 'chinati giunco che passa la china' degna dei migliori 'partiti morti!' della prima e della seconda repubblica: Grillo non ha ancora proferito parola - tanto era lesto a rispondere a ogni quisquiglia di Bersani - e i militanti si limitano a parlare di gossip e montature mediatiche. Insomma, reazione migliore i complottisti non la potevano sperare, basata sulla sostanziale negazione del problema. Il primo problema è che, complotto o no, Favia ha detto determinate cose che rendono incompatibile la sua presenza o quella di Casaleggio nel M5S e al momento entrambi rimangono saldamente ai loro posti. Il secondo problema, molto banalmente, è Casaleggio stesso, che pensava di cavarsela dalle accuse di Favia con due righe di comunicato a margine del blog di Grillo. Favia, imbeccato o no poco importa, ha ragione a sostenere che Grillo non potrebbe mai aver organizzato da solo l'imponente macchina da guerra del M5S e l'assoluta contrarietà a qualsiasi tipo di contraddittorio del comico genovese non è altro che la prova della sua incapacità a sostenerne. Se si facesse chiarezza esattamente su cosa è opera di Grillo e cosa è opera di Casaleggio forse una volta per tutte finirebbero anche le leggende metropolitane su Casaleggio massone del New World Order e amenità simili. Ma facendo così verrebbero fuori tutti i limiti di Grillo, che non potrebbe più accreditarsi come guru non certo sostituibile da Casaleggio, la cui immagine ricorda troppo un Luciano Benetton più snob e antipatico (persino dal nome aristocratico di Gianroberto), ben poco adatto a scaldare i cuori del popolo grillino. Alla fine l'unico che avrebbe un'investitura popolare di un certo spessore, il sindaco di Parma Pizzarotti, si limite a qualche parola di circostanza. Dopo lo scoop-non scoop di Favia, il M5S si conferma essere insieme la più grande speranza e il più grande limite per un reale cambiamento politico italiano, con la bilancia però che dopo questo fatto si sposta pericolosamente dalla parte del 'limite'. Ma la speranza, si sa, è l'ultima a morire.

giovedì 6 settembre 2012

Amati compagni, Pussy Riot e strumentalizzazioni: la mia ritrovata quiete dopo la tempesta

Passata la furia (in fondo in fondo ho un'anima punk proprio come le Pussy Riot) vorrei riflettere sui contributi che Debora Billi - a cui porgo ancora le mie scuse, sperando che le accetti - e Pandemicamente hanno portato commentando il mio ultimo post. Voglio cominciare da Debora e questa volta, per non metterle in bocca cose non dette, farò un fedele copia+incolla: "Secondo, perché anche da un punto di vista femminista, come al solito le donne che protestano fanno notizia solo quando si scoprono il culo e le tette e mai quando prendono manganellate in faccia. Tipico dell'informazione scandalistica in cui siamo immersi, che le usa come veicoli consezienti per attirare l'attenzione di quel pubblico interessato più a Belen che ai noTAV" Premesso che spesso le due cose vanno a braccetto - di solito la polizia non usa metodi molto galanti con le manifestanti nudiste - la colpa è dell'informazione e non delle Pussy Riot, di Femen o di chiunque altro usi il corpo nudo per protestare. Quando cerco di riflettere su questo tipo di manifestare, così come sule pratiche pornoattiviste, non mi trovo molto a mio agio anche se devo riconoscere che l'idea dell'intrinseca scandalosità del corpo e del ritorcere sul sistema la logica del corpo-oggetto un po'la trovo interessante. Quando ne parlo di solito la gente mi chiede, in stile rasoio di Occam: "Ma tu vorresti che tua figlia-moglie-madre facesse cose del genere?". Immagino di no, però non vorrei neanche che vestite di tutto punto prendessero le manganellate, per una semplice questione affettiva. E l'affetto, al pari dell'amore e dell'odio non è una categoria politica e oggi voglio occuparmi di politica. Certo con il senno di poi avrei preferito che i minatori sudafricani morti negli scontri con la Polizia - una vicenda di cui quella Pussy Riot è stata accusata di essere un distrattore di massa - si fossero spogliati per protesta, almeno sarebbero ancora vivi. E' cinico dirlo ma è così. Un'altra obiezione classica è che questi metodi sarebbero l'equivalente antagonista delle varie Minetti, Carfagna e delle donne in politica unicamente per meriti fisici, cosa che contesto radicalmente. Le manifestanti nudiste, a differenze di queste politicanti, non sottraggono posti a nessuno e il 'premio' generalmente è la galera o almeno la schedatura e il fermo di polizia. Quello che mi ha dato fastidio dell'accostamento Pussy Riot-Sara Tommasi è stato il fatto che le tre ragazze non hanno chiesto la clemenza della corte e hanno accettato il carcere mentre non so se la nostra Sara nazionale sarebbe altrettanto irriducibile. E sinceramente non so se il carcere sarà più leggero solo per la solidarietà di Madonna, Red Hot Chili Peppers, Žižek o della Clinton e del Dipartimento di Stato. Ma la cosa che dobbiamo tenere a mente è che in carcere le tre Pussy Riot ci sono andate per la preghiera punk nella cattedrale di Mosca (assolutamente vestite) per protestare contro il sostegno della Chiesa Ortodossa a Putin. E se in coscienza non penso che riuscirei a manifestare nudo - non sarebbe certo un bello spettacolo del resto - sicuramente credo che parteciperei a un atto come quello nella chiesa moscovita. In quel caso spero di avere anche io il fegato di accettarne tutte le conseguenze. Pandemicamente invece ci propone quanto segue: "Premesso che non mi piace quel che è capitato alle Pussy Riot, perché nessun reato d'opinione mi piace, va anche detto che siamo alle solite. La condanna inflitta è sicuramente sproporzionata, ma la risonanza mediatica internazionale lo è ancora di più. Troppa per essere "roba genuina". E' dalla fine della seconda guerra mondiale che la propaganda viene sistematicamente sottovalutata. Si infila la testa nelle fauci del leone e si grida "Basta usare la testa e non ci sono pericoli!". Ma quando mai! Siamo tutti plagiabili. Dalla seconda guerra mondiale ad oggi si è passati dalle parate e i discorsi dal balcone al ben più sofisticato neuro-marketing" Per quanto condivida l'idea di fondo, vorrei ricordare a Pandemicamente che nella storia eventi genuini al 100% sono stati oggetto di pesante strumentalizzazione: Hitler strumentalizzò il trattato di Versailles, americani e sovietici i crimini dell'avversario, certo sionismo oggi strumentalizza l'Olocausto, ecc. E, per competere in blasfemia con le Pussy Riot, si può dire che Gesù Nazareno è forse il più grande esempio di strumentalizzazione nella storia umana. Quello che dobbiamo imparare è distinguere la critica strumentale (positiva o negativa che sia) dal fatto strumentale, cioé sostanzialmente deformato o creato ad arte. Per riconoscere la critica strumentale, penso basti affidarsi al detto popolare del bue che dà del cornuto all'asino: se io ammazzo una persona, Debora Billi potrà farmi la morale, ma non il mostro di Milwaukee. Ho sempre detestato il revisionismo storico non tanto perché credo che esistano santi e diavoli, ma perché troppo spesso il dibattito, come quello sui crimini della Resistenza, è volto non alla conoscenza dei fatti storici ma al tentativo di plagiare la politica attuale. Non ci può essere buona fede nel condannare le vendette partigiane assolvendo però la tempesta di fuoco su Dresda e i bombardamenti atomici oppure difenendo ideologie basate sulla violenza come il nazifascismo. Usare metri di giudizio diversi è il principio base della strumentalizzazione. Allo stesso modo, è difficile credere nella genuinità dei movimenti 'ribelli' libici e siriani, quando il loro scopo evidente è non solo di ottenere il sostegno militare occidentale ma addirittura di scatenare una guerra di portata maggiore, con esiti catastrofici sul proprio popolo, allo scopo di spartirsi la torta con gli alleati. Le Pussy Riot non solo non hanno chiesto aiuto all'Occidente ma hanno anche portato una critica al regime molto diversa dai soliti stereotipi; nella dichiarazione finale del processo non hanno ringraziato nessuna delle personalità che hanno offerto solidarietà. E sicuramente oggi c'è chi strumentalizza la vicenda, così come le potenze dell'Intesa hanno strumentalizzato l'espansionismo della Germania del Kaiser, il comunismo le ingiustizie del capitalismo, Al Qaeda l'imperialismo americano. Ma resta il fatto che tutti questi fenomeni siano reali. Quasi tutte le tirate contro le Pussy Riot hanno insistito sul fatto che anche in Occidente sarebbero andate incontro allo stesso destino e che hanno avuto diritto a un equo processo con tutte le garanzie; dimenticandosi però che è molto facile condannare chi pratica disobbedienza civile, cioé chi decide volontariamente di commettere un reato in piena flagranza . Se usiamo lo stesso metro di giudizio, allora anche Amerigo Dumini, Albino Volpi e Amleto Poveromo hanno avuto il loro giusto processo (se non sapete chi sono fate una piccola ricerca in Internet e confrontate la loro pena con quella delle Pussy Riot, poi ne riparliamo di giustizia e regimi). Mi viene il serio dubbio che i paladini della lotta alla strumentalizzazione abbiano finito per farsi strumentalizzare... Gramsci diceva che "la verità è rivoluzionaria", vorrei essere altrettanto ottimista ma di una cosa sono sicuro: la bugia e l'omertà di rivoluzionario non hanno proprio nulla. Celare o minimizzare l'autoritarismo di Putin o della Cina non aiuterà la causa della libertà e dell'anti-imperialismo, in nessuna maniera. Per rispondere a Pandemicamente: sì, vedo di essere con la testa nelle fauci del leone, ciononostante provo ancora a usarla. E' l'unica cosa che bene o male mi riesce di fare

martedì 4 settembre 2012

Cari compagni, vi odio

Questo post è una lettera aperta a tutti quelli che considero amici e compagni pur non condividendo sempre le stesse idee, quindi parlo della Sinistra radicale, delle realtà antagoniste e dei fautori della decrescita e delle culture alternative, gente come Debora Billi, Marco Cedolin o Piotr l'editorialista di Megachip, gente per la quale ho grande stima insomma. Scrivo perché non posso rimanere indifferente alla reazione rabbiosa che il 90% di queste persone ha avuto nei confronti delle Pussy Riot, di gran lunga superiore a qualsiasi esternazione uffciale di Putin e della sua cricca: le tre ragazze arrestate e condannate sarebbero delle spie della CIA pagate dal Dipartimento di Stato per indebolire l'anti-americano Putin e distrarre dai veri problemi, come l'ostracismo internazionale nei confronti di Assange; in più si tratterebbe di 'fighe riottose' e tendenti al nudismo blasfeme che hanno offeso la religione e usurpato la libertà dei credenti (c'è chi ha proposto di condannarle a studiare religione). Insomma, si sono meritate la galera e chi le difende è un ingenuo patetico che non sa come va il mondo. E' veramente triste constatare come i peggiori stronzi di destra abbiano ragione nell'accusare i loro avversari di anti-americanismo paranoide. Il ragionamento per cui 'il nemico del mio nemico è mio amico' lo trovo davvero rivoltante, ma lo rispetto a patto però che siate coerenti fino in fondo con questa idea. Ai credenti offesi e/o a chi tira in ballo il "laicismo 2.0" (vedi Megachip) pregherei immediatamente di diventare atei: Bush non blaterava ogni secondo di Dio? Non disse forse in riferimento alla guerra in Afghanistan che "Dio non è neutrale?". Veramente un pericoloso filoamericano questo Dio cristiano, ragion per cui consiglierei assolutamente di derubricarlo nella lista dei cattivi. Se le Pussy Riot sono da esecrare per la solidarietà di Madonna e i Red Hot Chili Peppers, allora che dire di chi viene osannato da Bush - ma da tutti i presidenti USA in genere - e addirittura il suo nome era inciso sulle cinture della Wehrmacht? Ai compagni di Sinistra invece intimo assolutamente di smetterla di attaccare il baluardo europeo contro l'egemonia statunitense, ossia la cancelliera Angela Merkel, ingiustamente accusata di affamare Spagna e Grecia. Ma come, non riuscite a vedere come siete plagiati dalla propaganda stelle e strisce? Non vedete che si tratta di una subdola ritorsione mediatica contro la donna che non ha voluto partecipare alla guerra in Libia e conduce un interessante Ostpolitik con l'amico - o meglio con il nemico del nostro nemico - Putin? E perché prendersela con l'Euro? Ma se tutti gli stati bollati come 'canaglia' sono quelli che vogliono indicizzare il petrolio nella valuta europea! E'evidente che gli USA temono che il dollaro perda predominio. Ovvio non mi aspetti sul serio che voi cambiate idea dopo qualche provocazione. E neanche mi aspetto che siate sempre d'accordo con me che, si badi bene, per altro mi interesso a rovesciare il governo del mio paese e non quello degli altri. Ma almeno, questo sì, mi aspetto che prima di giudicare qualcuno alla maniera di Torquemada prima vi informiate accuratamente sul bersaglio di critica. Bastava leggere qualche riga dela dichiarazione di chiusura di processo delle Pussy Riot (che i cari compagni spergiurano essere stato equo per un crimine che se commesso a Piazza San Pietro avrebbe avuto lo stesso trattamento) per capire che Putin viene attaccato non con le solite retoriche sui diritti umani e il pluralismo (cosa che fa quotidianamente Garry Kasparov, che mai però si è meritato epiteti di 'sgallettato', 'cretino(ide)' e quantaltro) ma su quello che veramente gli rode, come l'affondamento del Kursk o la guerra in Cecenia. E che l'unico 'attacco ai valori cristiani' è stato quello perpetrato da patriarca di Mosca per far scordare le responsabilità di Putin nel genocidio ceceno e altre simili amenità. Quindi, cari compagni, vi odio. Vi odio perché vi amo, perché l'odio è l'altra faccia dell'amore e quando ti sembra di subire un torto da chi vuoi bene puoi perdere la testa e avere reazioni spropositate. L'emotività non è una categoria politia? E' vero, avete ragione. Ma non me ne frega niente.

martedì 14 agosto 2012

Pussy Riot, le perdenti vincenti

YEKATERINA SAMUTSEVICH (imputata del gruppo punk femminista Pussy Riot) Nella dichiarazione di chiusura ci si aspetta che l’imputato si penta, provi rimorso per quello che ha fatto o elenchi le circostanze attenuanti. Nel mio caso, così come in quello delle mie compagne del gruppo, è completamente inutile. Voglio invece dar voce ai miei pensieri rispetto alle ragioni che stanno dietro a ciò che ci è successo. Che la Cattedrale del Cristo Salvatore sia diventata un simbolo significativo nella strategia politica delle autorità era chiaro a molte persone pensanti quando il precedente collega [nel KGB] di Vladimir Putin, Kirill Gundyayev, è diventato capo della Chiesa ortodossa russa. Dopo di che la Cattedrale del Cristo Salvatore ha iniziato a essere apertamente utilizzata come uno sfondo appariscente per la politica delle forze di sicurezza, che costituiscono la principale fonte di potere [in Russia]. Perché Putin sente il bisogno di sfruttare la religione ortodossa e la sua estetica? Dopo tutto, egli avrebbe potuto impiegare i suoi strumenti di potere, decisamente più secolari – per esempio, le imprese controllate dallo Stato, o il suo minaccioso sistema poliziesco, oppure il suo obbediente sistema giudiziario. Può darsi che le dure e fallimentari politiche del governo Putin, l’incidente del sottomarino Kursk, il bombardamento di civili alla luce del giorno e altri spiacevoli momenti della sua carriera politica lo abbiano costretto a riflettere sulla possibilità che fosse venuto il momento di dare le dimissioni; altrimenti, i cittadini russi lo avrebbero aiutato a farlo. Apparentemente, è stato allora che ha sentito il bisogno di garanzie più persuasive e trascendenti per la sua lunga permanenza al vertice del potere. É stato allora che è diventato necessario fare uso dell’estetica della religione ortodossa, che è storicamente associata al massimo splendore della Russia imperiale, quando il potere veniva non dalle manifestazioni terrene come le elezioni democratiche e la società civile, ma da Dio stesso. Come ha fatto? In fondo noi abbiamo ancora uno Stato laico e ogni intersezione delle sfere religiose e politiche dovrebbe essere trattato con severità dalla nostra società vigile e dotata di spirito critico, non è vero? Qui, apparentemente, le autorità hanno approfittato di un certo deficit dell’estetica ortodossa in epoca sovietica, quando la religione ortodossa aveva un’aura di storia perduta, qualcosa che era stata schiacciata e danneggiata dal regime totalitario sovietico, e dunque rappresentava una cultura di opposizione. Le autorità hanno deciso di appropriarsi di questo effetto storico di perdita e di presentare un nuovo progetto politico di restaurazione dei valori spirituali russi smarriti, un progetto che ha poco a che fare con una genuina preoccupazione per la preservazione della storia e della cultura ortodosse in Russia. É stato anche abbastanza logico che la Chiesa ortodossa russa, visti i suoi legami mistici e di lunga data con il potere, emergesse come il principale esponente del progetto sui media. É stato deciso che, diversamente dall’era sovietica, quando la chiesa si è opposta innanzitutto alle brutalità delle autorità verso la storia stessa, la Chiesa ortodossa russa dovrebbe ora confrontarsi con tutte le perniciose manifestazioni della cultura di massa contemporanea e con il suo concetto di diversità e tolleranza. La realizzazione di questo progetto interamente politico ha richiesto considerevoli quantità di illuminazione professionale e di attrezzature video, lunghe ore di diretta sulle televisioni nazionali, e numerosi sfondi per nuove storie moralmente ed eticamente edificanti dove poter presentare i discorsi ben costruiti del Patriarca, aiutando così i fedeli a fare la scelta politica corretta durante i tempi difficili che Putin ha attraversato prima della elezioni. Inoltre, il film deve essere continuativo, le immagini necessarie devono essere bruciate nella memoria, bisogna dare l’impressione di qualcosa di naturale, costante e obbligatorio. La nostra improvvisa apparizione nella Cattedrale del Cristo Salvatore con la canzone “Madre di Dio, caccia Putin” ha violato l’integrità dell’immagine mediatica che le autorità hanno speso così tanto tempo a fabbricare e mantenere, e ha rivelato la sua falsità. Nella nostra performance abbiamo osato, senza la benedizione del Patriarca, unire l’immaginario visuale della cultura ortodossa e quello della cultura di protesta, suggerendo così alle persone intelligenti che la cultura ortodossa appartiene non solo alla Chiesa ortodossa russa, al Patriarca e a Putin, e che potrebbe anche allearsi con la ribellione civile e con lo spirito di protesta in Russia. Forse l’effetto sgradevole e di vasta portata della nostra incursione mediatica nella cattedrale è stata una sorpresa per le stesse autorità. All’inizio hanno provato a presentare la nostra performance come uno scherzo giocato da atei militanti e senza cuore. É stato un grave errore da parte loro, perché a quel punto eravamo già conosciute come un gruppo punk femminista anti-Putin che effettua i suoi assalti mediatici contro i principali simboli politici del paese. Alla fine, considerando tutte le irreversibili sconfitte politiche e simboliche causate dalla nostra innocente creatività, le autorità hanno deciso di proteggere il pubblico da noi e dal nostro pensiero non conformista. Così è finita la nostra complicata avventura punk nella Cattedrale del Cristo Salvatore. Ora ho sentimenti contrastanti su questo processo. Da una parte, ci aspettiamo un verdetto di colpevolezza. Rispetto alla macchina giudiziaria noi non siamo nessuno, e abbiamo perso. Dall’altra parte, abbiamo vinto. Il mondo intero adesso vede che il procedimento penale contro di noi è stato fabbricato. Il sistema non può nascondere la natura repressiva di questo processo. Ancora una volta, il mondo vede la Russia in modo differente da come Putin cerca di presentarla nei suoi quotidiani incontri internazionali. Chiaramente, nessuno dei passaggi che Putin aveva promesso verso lo stato di diritto sono stati fatti. E la sua affermazione secondo cui questo tribunale sarà obiettivo ed emetterà un verdetto giusto è l’ennesimo inganno verso il paese e la comunità internazionale. Questo è tutto. Grazie.

mercoledì 8 agosto 2012

Puglia, l'acciaio o la vita

Penso che Karl Marx non si sarebbe mai neanche lontanamente sognato che l'alienazione operaia arrivasse fino al punto da rivendicare il diritto al tumore per non morire di fame. Ho anche però seri dubbi che Marx, fautore dello sviluppo delle forze produttive fino alla contraddizione finale capitale-lavoro, avrebbe ammirato un progetto faraonico come quello dell'ILVA di Taranto. L'ILVA di Taranto - giustamente chiamata da alcuni una 'Seveso a scoppia ritardato' - è una cattedrale industriale simbolo del boom economico che ha rappresentato un decisivo mutamento antropologico più ancora che economico della società italiana; e non sorprende la difesa accanita da parte dei sindacati confederali contro ogni evidenza, perché rappresentano quella sinistra (o forse tutta la sinistra?) ancora prigioniera del miraggio socialdemocratico-keynesiano che non può tornare in auge neppure con la crisi conclamata del paradigma neoliberale, con buona pace di anime belle come Krugman e Stiglitz. Oggi bisogna ripensare un'economia nuova, legata al territorio, dove al posto della fabbrica-leviatano possano sorgere tante imprese più piccole e legate a quell'attività agricola che l'ILVA avrebbe dovuto rendere obsoleta; dove siano valorizzati i porti, il turismo e la cultura. Un'economia forse non particolarmente potente, ma che almeno sia foriera di vita e non di morte.

domenica 8 luglio 2012

Censura da spread

“Dichiarazioni di questo tipo, come è avvenuto nei mesi scorsi, fanno aumentare lo spread e i tassi a carico non solo del debito ma anche delle imprese, e quindi invito a non fare danno alle imprese... Invito a considerare – aggiunge il capo dell’esecutivo – che dichiarazioni di questo tipo da parte di personalità istituzionali ritenute responsabili hanno effetti molto rilevanti nei mercati e quindi suggerirei di fare più attenzione, non tanto nei riguardi del governo, che evidentemente non lo merita a giudicare da ciò che viene detto, ma verso le imprese”(Mario Monti 8 luglio 2012) Nella storia repubblicana abbiamo avuto l'autoritarismo democristiano di Scelba e Tambroni, il pragmatismo filo-occidentale di Cossiga e Andreotti, i rigurgiti post-fascisti di Alleanza Nazionale e le pretese impunitarie di Berlusconi: ma mai nessun uomo di governo si era spinto a censore come Monti, dispiaciuto di turbare gli interessi dei suoi punti di riferimento che ovviamente sono i 'mercati' (banche, fondi di investimento, speculativi e simili) e non i cittadini. Dopo la censura violenta del fascismo, arriva finalmente la censura sobria e misurata dei tecnici.

giovedì 10 maggio 2012

E uscimmo a riveder le stelle...

Il presidente Napolitano o la sua imitazione di Sabina Guzzanti (non certo quella bonaria di Crozza) ci ha fatto sapere che quello del M5S non è un 'boom', mentre Monti sostiene addirittura che il risultato elettorale rafforzi il suo governo. Secondo il presidente di PAEA Paolo Ermani, il successo del M5S e l'astensionismo rappresentano la fine della politica novecentesca basata sulla leadership, giudizio che condivido ma solo parzialmente. Che cosa farà adesso il M5S? Come si comporteranno i suoi eletti, tra cui il neo sindaco di Sarego, il quale annuncia che con lui 'inizia la terza repubblica'? Le alternative sono sostanzialmente tre: 1) instradarsi in un percorso simile a quello della Lega delle origini, ossia trasformarsi gradualmente da movimento di lotta e protesta a membro a pieno merito della partitocrazia di Destra o Sinistra. Sinceramente, penso che anche gli amtigrillini più indefessi dovrebbero trovare difficile questa possibilità, perché M5S e Lega hanno trascorsi completamente diversi. La base dell'elettorato leghista non è quella grillina, e difficilmente seguirebbe ancora Grillo se si convertisse all'ortodossia politica così come i padani hanno seguito Bossi folgorato sulla via di Arcore. 2) dissolversi come neve al sole. Oramai un movimento che a livello nazionale vale il 7-8% non può più essere (per fortuna) granitico al suo interno, cominceranno a emergere opinioni diverse, desiderio di uscire dalla Rete e di confrontarsi con persone e movimenti con i quali si sentono delle analogie, come Movimento Decrescita felice, Alternativa e altre. Qui Grillo e il suo isolazionismo possono davvero fare danni, e sinceramente l'ipotesi di fatwe da Genova contro grillini dissidenti colpevoli di gravi peccati come apparire in TV, partecipare alla riunione di un altro movimento o semplicemente di farsi notare la vedo molto elevata. E' la situazione in cui la 'democrazia diretta' tanto decantata dal M5S si scontra contro le 'scelte dirette' del grande non-capo, ben spalleggiato da gente come l'autore del seguente commento estratto dal blog di Grillo (gli errori di italiano sono dell'autore): Gentile BLOG il movimento 5 stelle è ancora un bambino piccolo come entità (2 anni e mezzo)e come tale ha bisogno E DEVE avere assolutamente una guida forte, non c'è niente di male ad ascoltare il PAPA'dare indirizzi su come si debba affrontare questa VECCHIA BAGASCIA NAVIGATA che sono i politici di oggi ANZI LO DEVE FARE. Sicuramente ne sa moolto di più e DEVE DECIDERE aNCHE A COSTO DI SEMBRARE ANTIDEMOCRATICO. SI ASPETTI di avere almeno 18 anni prima di contestare il genitore, non è una battuta ma la realta. Sicuramente visto il diktat (come dice qualcuno)di non mischiarsi in tv con questi qui è perche c'è gia stato (e ci sarà stiamone certissimi) qualcuno nel M5S che scalpita ad esternare in televisione, nei talk show ecc..dove pullulano i grandi BABAU, è un errore. Non si fà si verrebbe mangiati sul loro terreno preferito e anche se invece gli si risponde perfettamente come meriterebbero rimane che non si deve discutere con questi, NON C'E NE' MOTIVO. Non si vuole questo dal M5S. Ve la immaginate una discussione tra M5S con un gasparri, una santanche' un veltroni un d'alema un formigoni? PEGGIO DI UN FILM DEL TERRORE PER CHI ASCOLTA! Visto che questi personaggi VIVONO DI CHIACCHIERE TELEVISIVE lasciamoli nella LORO MELMA, sono come --APPESTATI-- E AVVICINARSI E' PERICOLOSO. ALLA LARGA. E comunque.. credo che Nessuno sia obbligato a rimanere nel movimento. E che due palle con queste storia del non obbligo... 3) Ma voglio essere per una volta ottimista. Voglio pensare che i grillini smetterano di sentirsi tali - ossia dei bambini insicuri bisognosi di una guida - per essere liberi ed emancipati, riconoscenti ma liberi ed emancipati. Che guarderanno intorno a loro e che scopriranno che ci sono persone che non solo condividono ideali simili, ma dalle quali potrebbero imparare molto. Ieri Grillo, scrivendo un post spudoratamente rubato a Debora Billi, scrive "O Nikos o Beppe", riferendosi alla vittoria del movimento neofascista greco guidato da Nikos Michaloliakos. Ha ragione, ma forse Grillo dimentica che i fascisti sono tali proprio perché ritengono se stessi il centro del mondo e non riescono a concepire qualcosa di altrao da sé. E se il nostro destino è farci guidare un capo o non-capo, allora i fascisti sono capi migliori di qualsiasi comico.

martedì 1 maggio 2012

Tutto il Grillo che canta

Quando i media ti vogliono distruggere usano sostanzialmente due tattiche: o ti ignorano completamente oppure passano al setaccio tutto quello che fai e che dici per cercare il motivo di scandalo. Con Beppe Grillo sicuramente sono passati alla fase 2. Intendiamoci: Grillo sembra fare di tutto per soddisfare i suoi detrattori, imbarcandosi in una pericolosa dichiarazione a Palermo dove lo Stato viene dichiarato peggiore della Mafia perché questa almeno non strangolerebbe le proprie vittime. Non soltanto è falso - come ha ricordato giustamente la vedova di Libero Grassi - ma è anche pericoloso perché la Mafia vive di messaggi in codice e può facilmente fraintendere certi sottesi: e il M5S è giovane e poco radicato, quindi facilmente a rischio di infiltrazioni. Ma c'è un altro modo di declassare il fenomeno Grillo/M5S, ossia quello di celebrare anticipatamente un grosso successo - ieri a Otto e Mezzo la Gruber ha presentato Grillo come il trionfatore delle prossime Amministrative o qualcosa del genere - sproporzionato rispetto alle attese credibili, con il risultato a giochi fatti di far sembrare deludente un risultato positivo, che potrebbe attestarsi sul 6-7%. Ma possiamo credere che Beppe Grillo, il più travolgente one man show italiano, davvero non si renda conto di questi rischi? Davvero, ora che ha voltato le spalle anche agli ex amici (Santoro, Fatto Quotidiano) pensa davvero che il modo migliore per spingere il M5S sia quello di far parlare di sé fino ad oscurare le ragioni del proprio movimento? Non lo sapremo mai con certezza. Di sicuro Grillo prosegue la tattica bianco-nero improntata al 'con me o contro di me'. E quanto affermò alcuni anni fa Maurizio Pallante, rinunciando alla candidatura a presidente della regione Piemonte il M5S, suona fortemente profetico: "I meriti di Beppe sono enormi, io lo stimo e lo apprezzo moltissimo. Beppe ha fatto e sta facendo qualcosa di eccezionale nel panorama del nostro paese... È diventato, penso oltre le sue aspettative, il referente politico di attese, speranze, desideri di pulizia e di riscatto. Ma la struttura a cui ha dato vita, pur essendo stata adeguata al compito di far irrompere queste tematiche in strati molto vasti dell’opinione pubblica italiana, non mi sembra adeguata alla fase successiva: il faticoso cammino di una progettualità capace di disegnare un mondo diverso... Troppi ne restano fuori. A qualcuno mi sembra che sia anche stata chiusa la porta. Forse per buone ragioni, ma non è stato possibile discuterle".

sabato 7 aprile 2012

Giustizia ad orologeria

Ho sempre odiato l'espressione 'complotto giudiziario', anche perché di solito viene utilizzata da persone dell'establishment che non subiscono complotto alcuno e semplicemente sono state pescate con le mani nella marmellata. Sulla 'giustizia ad orologeria', invece, posso concedere, anche se in un senso molto diverso da quanto intendono i vari politici-imprenditori colti sul fatto.
Ad esempio, non me la sento di criticare quei leghisti che fanno notare la strana coincidenza tra il passaggio della Lega all'opposizione del governo Monti e la scoperta della gestione truffaldina dei soldi pubblici da parte del tesoriere del Carroccio Belsito. Anche perché, storicamente, non si tratta di un caso isolato.
Nel 1987, Cosa Nostra subiva il primo importante smacco giudiziario nel famoso Maxiprocesso, dove l'ufficio istruzione di Palermo guidato da Caponneto grazie all'impegno, tra gli altri, di Falcone e Borsellino, era riuscito a comminare ergastoli ai più potenti boss dei Corleonesi; questo è cronaca storica. Meno noto è il fatto che l'ambasciata USA fosse molto interessata al processo, al punto che si pensava di far presenziare l'ambasciatore statunitense in Italia o un console al processo, idea che venne scartata a causa dell'eccessivo significato simbolico. Gli USA, che ai tempi della Guerra Fredda avevano utilizzato sistematicamente Cosa Nostra in chiave anti-comunista, ora con lo sfacelo dell'impero sovietico avevano inserito la guerra al narcotraffico tra le priorità nazionali, e i sanguinari Corleonesi erano diventati un fardello scomodo.
In molti hanno parlato di un coinvolgimento USA anche nella scoperta di Tangentopoli. I corrotti politici della Prima Repubblica, bisogna riconoscere, qualche merito lo avevano: malgrado le tensioni della Guerra Fredda, la presenza del maggior partito comunista occidentale e la posizione strategica dell'Italia, i governanti democristiani e pentapartitisti erano stati ben attenti a evitare il coinvolgimento attivo del nostro Paese in qualsiasi conflitto, e non avevano esitato, nell'interesse nazionale, ad assumere posizioni poco gradite agli USA e ai suoi stretti alleati (vedi la politica filo-araba di Moro, che può aver contribuito alla sua fine, e Craxi con la vicenda di Sigonella): per far fare la guerra all'Italia, se si esclude la parentesi della prima guerra del Golfo, c'è voluta la 'nuova' classe dirigente post-comunista guidata da D'Alema.
Ovviamente anche Berluscon i reclama vendetta: le sue vicende processuali (Ruby-gate, processo Mediatrade, ecc.) sono state strombazzate in lungo e in largo fino a quando è stato premier, poi arrivato Monti ha cominciato a sgonfiarsi tutto ed è arrivata la prescrizione per il caso Mills.
In ogni caso, a Bossi, Berlusconi e a tutte le vittime dell'orologio giudiziario un consiglio caloroso su come evitare ogni guai: comportarsi onestamente. Ma come diceva Giuliano Ferrara - uno che se ne intende - “ Se vuoi fare politica devi essere ricattabile.. devono sapere qual è il tuo prezzo e quant’è lungo il tuo guinzaglio. Se non sei ricattabile, non sei controllabile e quindi non ti ci vogliono” oppure, aggiungo io, ti fanno pagare il conto salato.

martedì 20 marzo 2012

le ragioni delle BANANE

Premessa importante: Marco Ponti, professore ordinario di Economia applicata del Politecnico di Milano, con la sua competenza tecnica rimane un punto fermo imprescindibile del movimento No-Tav. Tuttavia, a giudicare dal tono del post Tav, il paradosso dell’opposizione locale pubblicato sul suo blog de Il Fatto Quotidiano, si direbbe che l'anima del tecnico abbia avuto la meglio sulla passione civile del cittadino. A parte le comprensibili dissociazioni dalle proteste contro il procuratore capo di Torino Caselli, la vicinanza con i No-Tav sta risvegliando l'anima tecnocratica, anche se bisogna riconoscere che Ponti si è sempre distinto per una critica esclusivamente di carattere tecnico e mai concettuale. Vediamo alcuni estratti del post:

"Immaginiamo che un’opera sia utile davvero al Paese (ce ne sono molte, grandi e piccole). Ovviamente qualsiasi opera disturba qualcuno, e spesso ne disturba molti. Può “tagliar fuori” attività economiche locali. Può danneggiare attività agricole. Può dare problemi per lo smaltimento dei materiali di scavo. Il cantiere può essere rumoroso o generare polveri o congestione stradale.
Questi danni devono essere minimizzati e adeguatamente compensati. Ma se l’opera è utile bisogna farla, altrimenti le resistenze locali suonerebbero come una manifestazione di egoismo localistico (la sindrome NIMBY, cioè “non nel mio cortile”)...
Quindi lo stato non può rispondere bloccando un’opera utile al paese a causa di proteste locali: si creerebbe un precedente devastante, con rischio concreto di fare esplodere i costi a carico della collettività per compensazioni immotivate, o di non fare più nulla".

Il linguaggio di Ponti, con il ricorso al famigerato acronimo NIMBY, è del tutto simile a quello dei colleghi pro-TAV e ugualmente vuoto.
Innanzitutto, quand'è che un'opera si puè definire 'utile al paese'? Quando permette di aumentare gli scambi commerciali di merci non meglio precisate? Di incrementare il PIL e temporaneamente l'occupazione? Tutto questo malgrado la devastazione ambientale? Ponti non ha fornito dei criteri di utilità, dandoli per implici e autoevidenti.

"Il paradosso è che la Torino-Lione è scarsamente utile, quindi le proteste sono ben motivate. Ma lo stato rischia di creare un precedente. Tanto per chiarire, si rischierebbe di passare da NIMBY (“Not In My Backyard”) a BANANA (Build Absolutely Nothing Absolutely Nowhere Anytime, cioè “non si costruisca assolutamente nulla, mai, e in nessun posto”)".

Sembrerebbe quasi che Ponti, alla fin fine, preferisca la costruzione della TAV al rischio di creare un pericoloso precedente per l'effetto BANANA. Ma perché una persona intelligente come Ponti non riflette sul perché le popolazioni assumono certi atteggiamenti? Possibile siano guidate solo dall'egoismo?
Dopo la seconda guerra mondiale, nel periodo del boom economico, le popolazioni facevo a gara nel chiedere la costruzione di infrastrutture, anche altamente impattanti, sul proprio territorio: ma quello stato, in nome del quale Ponti verrebbero fatti i sacrifici, all'epoca non si limitava a compensazioni economiche. Era uno stato che, con tutti i suoi limiti, favoriva il progresso sociale ed economico. Per cosa bisognerebbe sacrificarsi oggi? Per l'austerità e il pareggio di bilancio Per la flexsecurity e la fine dell'art.18? Per le lacrime della Fornero?
Per tutte quelle classi agiate che, in nome del 'non si tocchino le mie rendite di posizione' (purtroppo non si riesce a tirare fuori un bel acronimo) impongono lacrime e sangue a chi sta peggio? Da quale parte sta allora l'egoismo?

giovedì 15 marzo 2012

Si stava meglio quando si stava meglio

In questi giorni si sono levate molte voci preoccupate sul fatto che i consumi dell'Italia sarebbero regrediti a quelli degli anni Settanta o Ottanta: sul suo blog su Il Fatto Quotidiano, Stefano Feltri - quello che qualche giorni fa definiva la decrescita un progetto totalitario - parla di 'recessione peggiore', anche perché si assisterebbe a una riduzione abbastanza significativa (intorno al 3%) dei consumi alimentari.
Per quanto il fenomeno non vada sottovalutato, occorre seriamente riflettere su dati proposti prima di iniziare la solita lagna greca. Cosa vuol dire ad esempio tornare ai consumi di trent'anni fa? In quel periodo l'Italia viveva una condizione di povertà generalizzata e di denutrizione? Non risulta sia così, anzi. L'Italia era reduce da una serie di conquiste nel campo dei diritti civili e del lavoro, con queste ultime che oggi vengono accusate di ostacolare la crescita tanto desiderata dagli idolatri del PIL come Feltri. Ma il popolo italiano, malgrado gravi sacche di povertà, ha realmente bisogno di 'cose'?
Se i generi alimentari diminuiscono, un recente studio di EBay segnala che nel nostro paese si spendono circa 2 miliardi di euro all'anno per apparecchiature high tech, con un aumento del 20% all'anno; secondo un sondaggio condotto da Cbs Outdoor-Europe on the Move, il 99% degli Italiani possiede almeno un telefono cellulare (record europeo ma probabilmente mondiale), quindi lo possiede anche il 3,6% di Italiani che secondo l'ISTAT vive in condizioni di povertà assoluta; e siamo tra i maggiori acquirenti di Smartphone e Tablet.
Allora viene da pensare che quello che manca forse sono le certezze che ancora nei famigerati anni Settanta e Ottanta erano la regola, come la sicurezza del posto di lavoro oggi inficiata dal dramma della precarietà. E per vivere in uno stato di minor incertezza forse bisognerebbe ridurre e non aumentare la produzione cercando di competere con la manodopera delle nazioni emergenti, ridistribuendo e riducendo l'orario di lavoro. La hybris consumista può solo farci sempre più poveri.

domenica 4 marzo 2012

Il testamento di Tito

Nell'era della società dello spettacolo, di volta volta vari esperti emergono sulla scena mediatica a dispensare le loro verità. Con l'acuirsi della crisi, l'economista Stefano Boeri - tra comparsate in TV, rubriche sui giornali e attività editoriale - sta sicuramente assurgendo a opinion maker: malgrado la stretta osservanza bocconiana, Boeri differisce dal grigiore dei colleghi più anziani - il maestro Monti in testa - l'aspetto perennemente 'giovane' e la bella figura ne fanno una specie di Rutelli dell'Accademia che con voce calda e suadente ci parla di crescita ed equità. L'enfasi sul sussidio ai disoccupati, un fratello vice-sindaco di Milano per il PD e niente meno che un libro per Chiarelettere, la casa editrice de Il Fatto Quotidiano... insomma, se i vari Passera, Fornero e simili rappresentano l'anima un po' autoritaria del Montismo, Boeri ne è sicuramente quella più dinamica e progressista: quella dei liberalizzatori dal volto umano.
L'importante è non leggere troppo approfonditamente ciò che Boeri scrive, altrimenti rischiamo di scoprire una realtà ben diversa. Vediamo ad esempio un paio di estratti dell'ultimo dei suoi contributi scritti per il blog Lavoce.info, intitolato I prossimi cento giorni del governo Monti.

"Abbondano i bilanci sui primi cento giorni del governo Monti. Molti giornali pubblicano pagelle del governo e dei singoli ministri. Noi siamo abituati a utilizzare i voti per le cose serie, per valutare i nostri studenti nel quadro di esami ben più approfonditi di quelli che ci capita di leggere in questi giorni un po’ dappertutto... Peraltro, il voto più importante sull’operato del governo sin qui è quello offerto dai mercati".

Già i mercati... cioé quelle entità astratte che, insieme ad altre cricche più o meno eterodirette, hanno deciso che Monti in Italia e Papademos in Grecia dovessero soppiantare i governi democraticamente eletti. Questi mercanti giustamente - e non il popolo italiano, tanto per dirne una - sono i veri elettori di riferimento del governo tecnico. Chissà se tra le 'riforme a costo zero' di cui parla Boeri c'è anche una modifica dell'articolo 1 comma secondo della Costituzione, magari trasformandolo in "La sovranità appartiene ai mercati che l'esercitano un po' come gli gira".
Mi si obietterà che aver estrapolato una frase del genere dal contesto non vuol dire nulla, che dimostra solo prevenzione. Allora prendiamo un secondo estratto del pezzo di Boeri, questa volta molto più esplicito:

"Dovrà sapere passare dalla gestione dell’emergenza al governo di ciò che è davvero importante, vale a dire alla capacità di decidere su ciò che può aumentare il tasso di crescita economica del nostro paese. Ha un’opportunità unica di fare alcune riforme fondamentali per agire sull’offerta in un momento in cui non ci si può certo basare su stimoli dal lato della domanda per tornare a crescere. Come nel 1992-3, l’emergenza economica e la crisi dei partiti hanno aperto uno spiraglio che non bisogna farsi sfuggire per riforme davvero incisive. Si può intervenire sugli ingranaggi che ci hanno relegato in uno “stato stagnazionario” (stazionario nella stagnazione) da ormai troppo tempo. A partire dai due terreni sin qui prescelti dal governo per rilanciare la crescita: la riforma del mercato del lavoro e le liberalizzazioni. La prima dovrà forzatamente affrontare i percorsi di ingresso nel mercato del lavoro a tutte le età, dato che il dualismo è ciò che oggi frena maggiormente la crescita della produttività del lavoro. Le liberalizzazioni non devono essere assolutamente diluite, come sembra purtroppo stia avvenendo, nel passaggio parlamentare".

Sveglia ragazzi! Non saremo mica sempre così fortunati da aver in Parlamento partiti che non rappresentano nessuno e parlamentari totalmente incapaci e/o corrotti! Potrebbe arrivare qualcuno con un mandato realmente popolare, che potrebbe addirittura assecondare la volontà di quelle greggi di pecore che, quando non pensano al calcio o non guardano la TV sono talmente arroganti da credere di sapere che cosa sia giusto per loro, senza neanche essersi laureati alla Bocconi! Dateci dentro e cercate di sopportare queste inutili lungaggini, e poco importa se nessuno è d'accordo con il vostro Verbo, imponetelo lo stesso senza mediazioni di alcun tipo: saremo mica in democrazia!

Per non essere troppo fazioso, è giusto controbilanciare le mie critiche presentando la parte finale del post di Boeri:

"Per questo valuteremo senza dare voti, ma se possibile con ancora maggiore attenzione i prossimi cento giornidi questo governo. Lo incalzeremo come sempre abbiamo fatto per vedere se e in che misura riforma il mercato del lavoro, difende le liberalizzazioni che ha varato e ne estende la portata. Non smetteremo di proporre anche altri interventi sin qui del tutto estranei all’agenda di governo, come la riduzione della tassazione sul lavoro, a parità di gettito. E gli chiederemo di rispettare le scadenze che si è già dato".

Parola di Tito, il guardiano del Montismo.