giovedì 27 settembre 2012

Dagli altari alla Polverini

Renata Polverini, nella conferenza stampa in cui annunciava le dimissioni, era visibilmente inviperita e per ragioni perfettamente comprensibili: è sempre brutto arrivare a festa finita, dopo che hai visto per anni i tuoi compagni d'avventura bearsi di privilegi di ogni genere nella più totale accondiscendenza di autorità politiche e mediatiche. Dove sono finiti, si sarà chiesta la Renata furiosa, i bei tempi in cui un Cuffaro condannato in primo grado per mafia poteva trincerarsi dietro il coro della 'persecuzione giudiziaria della magistratura militante di Palermo', i tempi in cui il condannato Dell'Utri poteva godere della pubblica 'vicinanza umana' del presidente della Camera Casini, i tempi in cui i Ghedini di turno ci ricordavano che la condanna definitiva scatta solo in terzo grado e la prescrizione è assoluzione? Perché nessuno dall'alto si muove per bloccare le inchieste come accadde a De Magistris con Why Not? Perché improvvisamente si apre uno squarcio nel cielo del porto delle nebbie per antonomasia, la procura di Roma? Perchè Frattini parla solo ora della candidatura della Minetti come di una 'porcheria' e perché solo ora il PDL scopre la questione morale, con tutti i piagnistei della grande stampa compresa quella di patron Berlusconi? Che cos'è successo a quella recente età dell'oro del 'primato della politica', adesso che un presidente di regione 'democraticamente eletto dai cittadini' si vede costretto a dimettersi senza neppure un avviso di garanzia o una qualsivoglia notizia di reato, per lo più spronata - caso unico nella storia repubblicana e contravvenendo a qualsiasi prassi costituzionale - dal ministero degli interni e dal capo del governo in persona? Forse è successo che i tempi sono cambiati e che il cavallo azzoppato va soppresso per il suo stesso bene, specialmente se la sua agonia rischia di travolgere anche il ronzino destinato al successo elettorale. Perché di fatto, dopo il caso Favia, l'implosione della giunta regionale Lazio porta altra acqua al mulino del PD-UDC, con la tourné pre-primarie del sempre giovane Renzi quale ciliegina sulla torta del 'rinnovamento' contropposto al marciume del vecchio centro-destra. E Mario Monti, come ci ricorda oramai sempre più spesso, non intende candidarsi perché non ne ha bisogno: Napolitano ha già provveduto a nominarlo senatore a vita e la sua figura è inamovibile, che piaccia o no che vesta i panni del presidente del consiglio o meno lui nella prossima legislatura ci sarà e farà sentire l'influenza sua e dei poteri forti che lo sostengono. Noi altri comuni mortali Polverini siamo e Polverini torneremo.

Nessun commento:

Posta un commento