martedì 14 agosto 2012

Pussy Riot, le perdenti vincenti

YEKATERINA SAMUTSEVICH (imputata del gruppo punk femminista Pussy Riot) Nella dichiarazione di chiusura ci si aspetta che l’imputato si penta, provi rimorso per quello che ha fatto o elenchi le circostanze attenuanti. Nel mio caso, così come in quello delle mie compagne del gruppo, è completamente inutile. Voglio invece dar voce ai miei pensieri rispetto alle ragioni che stanno dietro a ciò che ci è successo. Che la Cattedrale del Cristo Salvatore sia diventata un simbolo significativo nella strategia politica delle autorità era chiaro a molte persone pensanti quando il precedente collega [nel KGB] di Vladimir Putin, Kirill Gundyayev, è diventato capo della Chiesa ortodossa russa. Dopo di che la Cattedrale del Cristo Salvatore ha iniziato a essere apertamente utilizzata come uno sfondo appariscente per la politica delle forze di sicurezza, che costituiscono la principale fonte di potere [in Russia]. Perché Putin sente il bisogno di sfruttare la religione ortodossa e la sua estetica? Dopo tutto, egli avrebbe potuto impiegare i suoi strumenti di potere, decisamente più secolari – per esempio, le imprese controllate dallo Stato, o il suo minaccioso sistema poliziesco, oppure il suo obbediente sistema giudiziario. Può darsi che le dure e fallimentari politiche del governo Putin, l’incidente del sottomarino Kursk, il bombardamento di civili alla luce del giorno e altri spiacevoli momenti della sua carriera politica lo abbiano costretto a riflettere sulla possibilità che fosse venuto il momento di dare le dimissioni; altrimenti, i cittadini russi lo avrebbero aiutato a farlo. Apparentemente, è stato allora che ha sentito il bisogno di garanzie più persuasive e trascendenti per la sua lunga permanenza al vertice del potere. É stato allora che è diventato necessario fare uso dell’estetica della religione ortodossa, che è storicamente associata al massimo splendore della Russia imperiale, quando il potere veniva non dalle manifestazioni terrene come le elezioni democratiche e la società civile, ma da Dio stesso. Come ha fatto? In fondo noi abbiamo ancora uno Stato laico e ogni intersezione delle sfere religiose e politiche dovrebbe essere trattato con severità dalla nostra società vigile e dotata di spirito critico, non è vero? Qui, apparentemente, le autorità hanno approfittato di un certo deficit dell’estetica ortodossa in epoca sovietica, quando la religione ortodossa aveva un’aura di storia perduta, qualcosa che era stata schiacciata e danneggiata dal regime totalitario sovietico, e dunque rappresentava una cultura di opposizione. Le autorità hanno deciso di appropriarsi di questo effetto storico di perdita e di presentare un nuovo progetto politico di restaurazione dei valori spirituali russi smarriti, un progetto che ha poco a che fare con una genuina preoccupazione per la preservazione della storia e della cultura ortodosse in Russia. É stato anche abbastanza logico che la Chiesa ortodossa russa, visti i suoi legami mistici e di lunga data con il potere, emergesse come il principale esponente del progetto sui media. É stato deciso che, diversamente dall’era sovietica, quando la chiesa si è opposta innanzitutto alle brutalità delle autorità verso la storia stessa, la Chiesa ortodossa russa dovrebbe ora confrontarsi con tutte le perniciose manifestazioni della cultura di massa contemporanea e con il suo concetto di diversità e tolleranza. La realizzazione di questo progetto interamente politico ha richiesto considerevoli quantità di illuminazione professionale e di attrezzature video, lunghe ore di diretta sulle televisioni nazionali, e numerosi sfondi per nuove storie moralmente ed eticamente edificanti dove poter presentare i discorsi ben costruiti del Patriarca, aiutando così i fedeli a fare la scelta politica corretta durante i tempi difficili che Putin ha attraversato prima della elezioni. Inoltre, il film deve essere continuativo, le immagini necessarie devono essere bruciate nella memoria, bisogna dare l’impressione di qualcosa di naturale, costante e obbligatorio. La nostra improvvisa apparizione nella Cattedrale del Cristo Salvatore con la canzone “Madre di Dio, caccia Putin” ha violato l’integrità dell’immagine mediatica che le autorità hanno speso così tanto tempo a fabbricare e mantenere, e ha rivelato la sua falsità. Nella nostra performance abbiamo osato, senza la benedizione del Patriarca, unire l’immaginario visuale della cultura ortodossa e quello della cultura di protesta, suggerendo così alle persone intelligenti che la cultura ortodossa appartiene non solo alla Chiesa ortodossa russa, al Patriarca e a Putin, e che potrebbe anche allearsi con la ribellione civile e con lo spirito di protesta in Russia. Forse l’effetto sgradevole e di vasta portata della nostra incursione mediatica nella cattedrale è stata una sorpresa per le stesse autorità. All’inizio hanno provato a presentare la nostra performance come uno scherzo giocato da atei militanti e senza cuore. É stato un grave errore da parte loro, perché a quel punto eravamo già conosciute come un gruppo punk femminista anti-Putin che effettua i suoi assalti mediatici contro i principali simboli politici del paese. Alla fine, considerando tutte le irreversibili sconfitte politiche e simboliche causate dalla nostra innocente creatività, le autorità hanno deciso di proteggere il pubblico da noi e dal nostro pensiero non conformista. Così è finita la nostra complicata avventura punk nella Cattedrale del Cristo Salvatore. Ora ho sentimenti contrastanti su questo processo. Da una parte, ci aspettiamo un verdetto di colpevolezza. Rispetto alla macchina giudiziaria noi non siamo nessuno, e abbiamo perso. Dall’altra parte, abbiamo vinto. Il mondo intero adesso vede che il procedimento penale contro di noi è stato fabbricato. Il sistema non può nascondere la natura repressiva di questo processo. Ancora una volta, il mondo vede la Russia in modo differente da come Putin cerca di presentarla nei suoi quotidiani incontri internazionali. Chiaramente, nessuno dei passaggi che Putin aveva promesso verso lo stato di diritto sono stati fatti. E la sua affermazione secondo cui questo tribunale sarà obiettivo ed emetterà un verdetto giusto è l’ennesimo inganno verso il paese e la comunità internazionale. Questo è tutto. Grazie.

mercoledì 8 agosto 2012

Puglia, l'acciaio o la vita

Penso che Karl Marx non si sarebbe mai neanche lontanamente sognato che l'alienazione operaia arrivasse fino al punto da rivendicare il diritto al tumore per non morire di fame. Ho anche però seri dubbi che Marx, fautore dello sviluppo delle forze produttive fino alla contraddizione finale capitale-lavoro, avrebbe ammirato un progetto faraonico come quello dell'ILVA di Taranto. L'ILVA di Taranto - giustamente chiamata da alcuni una 'Seveso a scoppia ritardato' - è una cattedrale industriale simbolo del boom economico che ha rappresentato un decisivo mutamento antropologico più ancora che economico della società italiana; e non sorprende la difesa accanita da parte dei sindacati confederali contro ogni evidenza, perché rappresentano quella sinistra (o forse tutta la sinistra?) ancora prigioniera del miraggio socialdemocratico-keynesiano che non può tornare in auge neppure con la crisi conclamata del paradigma neoliberale, con buona pace di anime belle come Krugman e Stiglitz. Oggi bisogna ripensare un'economia nuova, legata al territorio, dove al posto della fabbrica-leviatano possano sorgere tante imprese più piccole e legate a quell'attività agricola che l'ILVA avrebbe dovuto rendere obsoleta; dove siano valorizzati i porti, il turismo e la cultura. Un'economia forse non particolarmente potente, ma che almeno sia foriera di vita e non di morte.