martedì 26 febbraio 2013

Il sereno dopo lo tzunami

Le analisi politologiche mediamente non hanno mai brillato, di conseguenza anche in occasione di queste elezioni non era il caso di aspettarsi riflessioni particolarmente acute; tuttavia, in alcuni casi la superficialità - quasi sempre ostentata con superba presunzione - è tale che viene da pensare se a farla da padrone sia la faziosità o piuttosto la stupidità.
Oramai saprete tutto del risultato elettore, della vittoria di Pirro del PD, dell'orgogliosa resistenza berlusconiana, dello tzunami a 5 stelle ecc. peccato che dietro alla facciata dei commenti si rifletta una realtà ignorata che dovrebbe pesare come un macigno, ossia su quel 25% di elettori che si sono astenuti dal voto.
Facciamo un primo esempio. In gran parte del paese si stanno stracciando le vesti per il 'miracolo Berlusconi' (titolo de Il Giornale di oggi), questa mattina sentivo una signora allibita che non riusciva a credere all'idea che un italiano su 3 voti per il PDL; beh, fa bene a non crederci, perché non è così, gran parte degli italiani incantati dalle sirene arcoriane sono decisamente rinsaviti. Alle politiche del 2008, il centro-destra si aggiudicò ben 17.063.874 voti, mentre oggi si sono quasi dimezzati (9.923.100). Il PDL perde 6.296.744 voti, mentre il principale alleato, la Lega Nord, si è ridotto praticamente di un terzo (3.024.522 contro 1.390.156). In termini reali, contando cioé anche gli astenuti, tutto il centrodestra ottiene un modesto 21% e il partito del Cavaliere un misero 15%. Con questo metodo di calcolo, anche il 'loser' Veltroni potrebbe rialzare la testa: il suo PD naufragato quattro anni fa si attesterebbe oggi al 35,5%, un vero trionfo. 
Ovviamente non sentirete neppure un accenno a queste considerazioni sui giornali e in televisione. Piuttosto si recriminerà per la mancata leadership di Renzi - un po' come per tanti anni i tifosi hanno recriminato per i 6 minuti di Rivera  nella finale persa con il Brasile a Messico 1970 - evidenziando come il problema sia dovuta alla scelta 'troppo identitaria di sinistra' di Bersani, invece di aver optato per il giovane destrorso Renzi. Insomma, bisogna svoltare sempre più a destra e per giunta nel momento in cui la destra soffre una drammatica emorragia di voti, in nome della lotta al populismo (condotta per altro da una persona la cui bandiera è da sempre la 'rottamazione dei politici').
Per avere un'idea più chiara delle elezioni e della vera entità numerica dei partiti, vediamo le percentuali reali delle diverse formazioni:

M5S                    18,4%
PD                       18,3%
PDL                     15,0%
Scelta Civica         5,9%
Lega Nord            2,9%
SEL                      2,3%


Visto che si stanno facendo delle analisi basate anche sul calcolo degli astenuti, forse varrebbe la pena riflettere su cosa possa indurre una persona a rinunciare a questa diritto. Si tratta solo di individualisti, egoisti con scarso senso civico, come si è soliti pensare? Difficile crederlo.
Come amano ripeterci politici, economisti, giornalisti di ogni colore e orientamento, le azioni del nostro governo devono ispirarsi alle reazioni dei 'mercati' (cioé le principali banche e fondi di investimento del pianeta) e alla tecnocrazia 'europea'. Oggi i veri centri decisionali non sono più i parlamenti, ma ristrette commissioni aperte a una ristrettissima super élite e cda di grandi aziende, nei confronti dei quali la politica istituzionale esercita un azione di controllo e vigilanza pari a quella di un barboncino verso il padrone. E se poi lo scopo della politica diventa quello di imporre sacrifici draconiani in nome dell'utopia del pareggio di bilancio, quale legame può sentire il cittadino nei confronti di uno Stato che pretende concedendo sempre meno? Il M5S risponde con una proposta di trasformazione del sistema, basata su di una visione etica ispirata al principio gandhiano per cui "occorre diventare e il cambiamento che vogliamo vedere": niente conflitti di interesse e precedenti con la giustizia, stipendio dimezzato, niente rimborsi elettorali e finanziamento pubblico. Berlusconi propone invece un voto di scambio basato sulla difesa del privilegio contro qualsiasi residua onorabilità delle istituzioni, sdoganando i bassi istinti della gente nonché quasi ogni forma di delitto. E la sinistra invece, come un perenne Epimeteo sembra in ritardo sui tempi che corrono, blatera di 'responsabilità', 'merito' ed 'equità' fantasticando di liberismo dal volto umano.
Non è facile dire quale governo si profila all'orizzonte, una sola cosa è certa: qualsiasi alchimia si troverà, sarà un governo di minoranza rispetto all'elettorato; e occorrerà comportarsi di conseguenza.  


lunedì 11 febbraio 2013

Deficimus Papam

Conviene commentare la notizia delle dimissioni di Papa Benedetto XVI, anche perché potrebbero passare altri mille anni prima che si ripeta un fatto simile. Il caso precedente era stato quello di Celestino V, che Dante chiamo 'colui che per viltade fece il gran rifiuto', ma che secondo altri (tra cui Petrarca) fu spirito nobile e libero, troppo coinvolto in questioni spirituali per trovarsi a suo agio nel pragmatismo della Curia romana. 
Questo quadro potrebbe anche adattarsi a Ratzinger. Per anni Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (l'ex Sant'Uffizio), uomo molto poco pratico e ottimo bersaglio della satira. Si è spesso parlato del suo tradizionalismo in opposizione all'atteggiamento aperto di Giovanni Paolo II, ma si tratta di un fraintendimento assoluto: Wojtyla era conservatore quanto o più di lui, ma era nettamente più mediatico e capace di parlare anche ai non cattolici, cosa che è stata scambiata per un'inesistente apertura. Per una volta potrebbe avere ragione Ezio Mauro nel sostenere che la "modernità irrompe in Vaticano", perché qui siamo di fronte a un vero e proprio licenziamento operato dalla Chiesa Cattolica nei confronti del proprio Pontefice, in modo non molto dissimile al board di una multinazionale che licenza il suo CEO. La scusa delle precarie condizioni fisiche, dopo la lunga agonia fisica del suo predecessore - culminata nel doppiaggio dell'Angelus al telegiornale - non può assolutamente reggere. Tornano invece alla mente le voci delle minacce di morte di qualche mese fa, l'arresto e la condanna del maggiordomo che trafugava documenti segreti: tutti scenari in stile Codice da Vinci che lasciavano intravedere la volontà di indebolire l'autorità di quello che era stato presentato come 'Papa forte' dallo spirito quasi controriformistico.
Le possibilità più probabili sono che o che Ratzinger abbia talmente deluso il gruppo di pressione che lo ha portato al pontificato da volere la sua rimozione, oppure che questi si sia rifiutato di intraprendere una svolta voluta da ampi settori del Vaticano. In un mondo dove le ideologie laiche novecentesche sono fallite o risultano seriamente in crisi, dove latitano autorità morali, la religione può ricoprire un ruolo importante, come testimonia la penetrazione del fondamentalismo islamico, e un Papa teologo, dialetticamente noioso e incline a giochini intellettuali comprensibili solo da ristrettissime élite (vedi la sostituzione della Tiara con la Mitria nello stemma araldico) non sembra affatto congeniale. Non mi stupirei che a Ratzinger succedesse un Ponetifice relativamente giovane, dinamico, magari proveniente da un paese economicamente in ascesa (come il Brasile) avvezzo alla telecamere e alle nuove tecnologie, facendo dimenticare il tremendo fiasco dell'account Twitter papale. Per l'uomo che, smessi i panni papali, ritorna semplicemente Joseph Ratzinger, credo che nulla potrà impedire un oblio più o meno pilotato dall'alto, una clausura in qualche monastero dove possa dedicare gli ultimi anni della sua vita agli amati studi di teologia. 
Qualunque cosa succeda, una cosa è certa: questa svolta è gravida di conseguenze, e non solo per i cattolici. 

mercoledì 6 febbraio 2013

Non siamo Stati

La sentenza civile della Cassazione che condanna lo Stato Italiano a pagare i danni alle famiglie delle vittime del DC9 scomparso nelle acque di Ustica ha aperto molti dibattiti. Tra le reazioni segnalo il post di Toni De Marchi sul Il Fatto Quotidiano online e l'editoriale di Giulietto Chiesa sul sito di Megachip. Entrambi giungono alla stessa conclusione: non basta che la sentenza civile ammetta dopo tanti anni la verità sull'abbattimento del velivolo, bisogna portare alla sbarra e condannare anche tutti coloro che, nell'ambiente politico e militare, hanno bloccato la verità.
"La verità processuale scoperchia quella montagna di bugie e depistaggi che fin da qualche minuto dopo l’abbattimento fu decisa e messa in atto ai massimi vertici militari e dei servizi di sicurezza italiani. Purtroppo la natura stessa del processo civile fa sì che a essere condannati oggi non siano i veri autori dei depistaggi e delle manipolazioni della verità, ma sia lo Stato, cioé tutti noi” scrive De Marchi, mentre Chiesa, denunciando anch'egli il tradimento dello Stato, invoca anche i nomi di coloro che nelle istituzioni strumentalizzarono le BR, favorirono il sequestro di Moro, contribuirono a vario titolo allo stragismo; insomma, mettere nomi e cognomi ai cosiddetti settori 'deviati' dello Stato.
Non avrei nulla da obiettare e anzi sposerei al 100% queste prese di posizione se si parlasse di 'tradimento dei cittadini' e si evitasse di tirare in ballo lo Stato, in una strana condizione per cui lo Stato risulta traditore di se stesso. Ero solo un ragazzo ma ricordo molto  bene (eravamo nella seconda metà degli anni Novanta, credo) la sicurezza, l'orgoglio se non quasi la protervia con cui Contrada,  invitato a un programma televisivo di Cecchi Paone, difendeva a spada tratta la propria innocenza contro le accuse di collusione con Cosa Nostra, al punto che ingenuamente mi veniva quasi da credergli. Dopo la condanna e le evidenti prove di reato, continuavo a chiedermi come potesse mentire in modo così sfacciato e convinto, arrivando a ipotizzare anche una sorta di sdoppiamento di personalità.
Quando emersero i primi riscontri della famigerata trattativa Stato-Mafia, tutto mi è diventato più chiaro. La rabbiosa protesta di Contrada era genuina e dal suo punto di vista assolutamente legittima, nel senso che che l'ex agente non aveva fatto altro che obbedire agli ordini impartiti assecondando la volontà dello Stato, il tutto ottenendo una condanna invece dell'economio; altro che agente 'deviato'. Quando Igroia afferma che "a lungo lo Stato ha avuto il volto di Contrada" dice una solenne verità, che basterebbe da sola per comprendere perché un processo delicato come quello della trattativa Stato-Mafia non può giungere al suo naturale epilogo; ma questo principio va esteso a molte altre situazioni. Per lo Stato filo-atlantista, intrallazzatore con la criminalità organizzata e con i potentati economici, i vari Moro, Falcone, Borsellino, Ambrosoli erano loro 'deviati' e di ostacolo al perseguimento della politica statale.
Riusciamo davvero a pensare a semplici dipendenti dello Stato che, autonomamente, come tanti capi della Spectre di James Bond, decidono di intervenire autonomamente in alcune delle faccende più delicate della storia italiana? Semplici funzionari dei servizi segreti, della polizia, dell'esercito che decidono di modificare gli equilibri della politica nazionale e internazionale, di alterare le prove di crimini gravissimi, di organizzare stragi? Non possiamo davvero immaginarlo senza scadere nel ridicolo. La "ragion di Stato", ci insegna Machiavelli, come l'imperscrutabile volontà di Dio può apparire ingiusta ma aderisce a una logica superiore che le menti semplici non possono capire. Agli esecutori del lavoro sporco alla Contrada fanno da contraltare le facce presentabili dell'ex ministro Conso e del Generale Mori, che con ogni probabilità sfuggiranno a conseguenze giudiziarie.
Da persona sostanzialmente atea, sento di poter dire con certezza che il feticcio dello Stato è peggiore di quello della Croce. Senza diventare necessariamente anarchici, occorre mettere da parte ogni ipotesi di Stato 'deviato' o 'schizofrenico' e ragionare a menta fredda. Bisognerebbe chiedersi perché molti degli eroi 'deviati' - Falcone e Borsellino su tutti - provengano dalle file della magistratura, guarda caso l'organo meno 'statale' dell'impianto costituzionale, più decentralizzato e indipendente dai gangli della politica. E soprattutto direi di stare ben attenti a dire che "lo Stato siamo noi": noi, la società, semplicemente paghiamo le conseguenze dei suoi atti.