venerdì 24 maggio 2013

Eroi dello Stato che non c'è

Esistono tanti giorni 'speciali', dedicati a qualche tematica in particolare (ad esempio il giorno della memoria) e si dedicano minuti di silenzio in tantissime circostanze, spesso anche abbastanza discutibili; per Giovanni Falcone, così come per Paolo Borsellino, non accade nulla di tutto questo. In uno Stato 'normale' - ammesso che possa esisterne uno - si griderebbe allo scandalo, ma io penso che, per rispetto verso queste due grandi persone, sia meglio così. 
Nei confronti di chi si ha sacrificato eroicamente la sua vita per l'interesse generale solo una cosa è peggiore dell'oblio, la beatificazione ipocrita e strumentale. Quando a scuola mi trovo a parlare dei due magistrati provo sempre un grande imbarazzo, dovuto alla difficoltà di spiegare come 'l'uomo dello Stato' abbia potuto essere ucciso nonostante lo Stato, a causa dello Stato e - specialmente nel caso di Borsellino - per opera dello Stato. 
Nella loro ingenuità (per altro abbastana razionale), gli studenti difficilmente capiscono come lo Stato possa farsi guerra da solo. Così come faticano a comprendere perché il coraggioso magistrato sia 'uomo dello Stato' mentre il politico che ha fatto di tutto per rendergli la vita impossibile, spesso occupando le cariche maggiori della repubblica, non sia 'un vero uomo dello Stato'. Se poi provi a inserire il concetto decisamente ambiguo di 'Stato deviato', la reazione più probabile è un'incredulità generalizzata: alla fine si capisce che i veri 'deviati' sono coloro che hanno creduto nella Costituzione cercando di applicarne i principi anche quando lo Stato a cui avevano giurato fedeltà reagiva riottosamente e infastidito di fronte a tanto rigore. 
Intendiamoci per evitare equivoci: Falcone, Borsellino e molti altri eroi istituzionali credevano fermamente nello Stato e avevano messo tutta la loro esistenza al suo servizio, fino al sacrificio supremo. Non erano né anarchici né individualisti, sebbene lo siano dovuti diventare per proseguire nella loro opera di giustizia, ma loro storia sembra indicare che il perseguimento della giustizia attraverso lo Stato comporti trovarselo in qualche modo nemico. Una questione solo italiana? Difficile dirlo, forse è probabile che nel nostro paese venga amplificato un problema più o meno universale.
L'unica cosa sicura è che, se vogliamo preservare l'incolumità dei Falcone e Borsellino di oggi e domani - che, malgrado tutto, esistono ancora - la loro protezione deve consistere in una forte azione popolare: come ben aveva capito Falcone, si elimina la persona scomoda prima di tutto isolandola mediaticamente. A breve entrerà nel vivo il processo sulla trattativa Stato-Mafia degli anni anni Novanta, che persone molto in alto nella gerarchia del potere - tanto in alto da occupare anche qualche importante Colle - vorrebbero ridurre al silenzio, incredule sul fatto che lo Stato possa giudicare e condannare se stesso: non permettiamoglielo, facciamogli capire che lo Stato siamo (anche) noi, spesso nostro malgrado.

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