sabato 27 aprile 2013

Addio a tutto questo

Notoriamente è molto più facile criticare che fare autocritica, così come è noto che i blog a sfondo politico sono una sorta di nuovo tribunato della plebe digitale, da cui scagliare i propri strali contro i potenti di turno. E se poi Napolitano/Re Giorgio se ne esce con un discorso di reinsediamento a dir poco scandaloso (per non parlare della richiesta di "cooperazione" ai media affinché si dimentichino "le vecchie tensioni"), se la Serracchiani grida al 'miracolo' dopo essere stata eletta con il 19% dei consensi (e dopo aver fatto perdere settantamila voti al PD, che ha meno del 10% dei consensi degli elettori friulani), se Enrico Letta viene nominato premier.. allora la cosa più naturale del mondo sarebbe dare libero sfogo alla propria indignazione intellettuale, e nessuno potrebbe obiettare alcunché. Tuttavia mi asterrò dal farlo perché la coscienza mi dice che, anche se marginalmente - se non proprio infinitesimafmente - sono corresponsabile della situazione in cui siamo precipitati, e forse dovrei, rovesciando il detto evangelico, togliermi la pagluzza dall'occhio prima di denunciare la trave nel mio prossimo. In realtà a spronarmi in questa direzione è stato un mio giovane amico che, maledicendo l'attuale situazione politica italiana senza fare sconti a nessuno, lamenta "una Sinistra di inetti, ipocriti e ugualmente collusi col malaffare, con la consueta puzza sotto al naso di chi si sente superiore per principio". Sono abbastanza sicuro che non si riferisse a me, tuttavia non posso non essere rimasto molto turbato.  
No ho mai votato per il PD, ma fino alle elezioni del 2006 ho sempre sostenuto il centro-sinistra, votando per i partiti della cosiddetta 'sinistra radicale'. Potrei fare come molte altre persone che hanno fatto la stessa cosa e si sentono con la coscienza assolutamente a posto, ma questo vorrebbe dire davvero sentirsi "superiore per principio". Non sono colluso ma sicuramente connivente, un po' come il famoso ragioniere di Auschwitz - con le debite differenze, ovviamente - che non si capacitava dell'essere considerato un criminale.  
Giorgio Napolitano non inizia il suo secondo settennato per caso. Nemesi machiavellica dell'integerrimo Enrico Berlinguer, Napolitano ha scavalcato tutti i vari ostacoli paratisi di fronte (scioglimento del PCI, sconfitte elettorali del centro-sinistra, scioglimento dei DS e, per finire, età anagrafica, non essendo toccato da nessun processo di 'rottamazione') grazie a gente come me che, per gran parte della sua vita, non solo ha pensato che il male minore venisse dalla coalizione che si opponeva a Berlusconi, ma che addirittura ne potesse venire qualcosa di buono. E ora quello che mi merito è un bel pugno in faccia, nella forma degli abbracci Bersani-Alfano, dei sorrisi 36 denti di Berlusconi, dello spellamento di mani bipartisan al discorso di Re Giorgio. 
Oggi mi chiedo come ho fatto, per più di dieci anni della mia vita, a persistere nell'errore malgrado i continui inciuci, le bicamerali, la guerra, le privatizzazioni selvagge, l'attacco al diritto del lavoro, l'asservimento della magistratura, le candidature dei Rutelli,  dei Mastella e dei nipoti di Gianni Letta.
Potrei sostenere di non aver avuto alternativa, potrei accampare come scusa che persino l'anarchico Camillo Berneri preferì partecipare alle elezioni del 1924 auspicando persino un successo dell'odiato Giolitti pur di bloccare Mussolini. C'è però una differenza fondamentale: nonostante i suoi innumerevoli difetti, Giolitti non è mai sceso a compromessi con il leader del fascismo.  
E perché poi la sinistra 'radicale', in cui contavo tanto, si è ridotta così? In fondo per me si trattava di un voto quasi spontaneo, anche al di là del pericolo berlusconiano. E cosa dire della linfa vitale che si poteva trarre dai movimenti contro la globalizzazione neoliberista e la guerra, per l'acqua pubblica e la difesa dei beni comuni, da rivendicazioni sindacali importanti come le vertenze di Pomigliano contro i ricatti di Marchionne? E sopratutto perché, a fronte di un malcontento sempre più crescente per i privilegi della politica e la fossilizzazione delle classi dirigenti, si è dovuto attendere Grillo per contrastare il fenomeno?
 La cruda verità è che, nel sistema politico neofeudale italiano, la 'vera' sinistra (per usare un'espressione cara ai suoi ultimi simpatizzanti, in contrapposizione a quella 'realmente esistente' rappresentata dal PD) ha deciso di reclamare a pieno titolo un posto nella casta, sia che si presentasse nella forma di partito o di sindacato. Certo, non ha potuto reclamare i maggiori 'titoli nobiliari', a parte forse il 'vassallo' Fausto Bertinotti assurto a presidente della Camera: tuttavia si è abbondantemente prodigata nel raccattare posti da valvassori e valvassini, non potendo perciò svolgere quell'azione di rottura che i movimenti, ma in generale la grande maggioranza dei cittadini, chiedevano a gran voce. Il risultato è stato che, nella migliore delle ipotesi, la sinistra - vera o finta che fosse - ha potuto limitarsi a un'azione di lagnanza da tribunato della plebe e poco più, senza che ciò incidesse più di tanto sulle classi meno abbienti che pretendeva di voler rappresentare. 
Con una sana autocritica, quindi, non si intende fare una delle tante periodiche abiure della sinistra o smettere di credere in certi valori: significa, al contrario, crederci ancora di più e per davvero.  

mercoledì 17 aprile 2013

Ieri, oggi e soprattutto domani

A due giorni dall'attentato di Boston, ancora si sa molto poco sui mandanti, sebbene la tecnologia rudimentale di uno degli ordigni (una pentola a pressione adattata) e l'assenza di rivendicazioni faccia pensare a una pista interna e non al terrorismo internazionale. 
In ogni caso, qualunque motivazione ci sia dietro, fosse anche il gesto fine a se stesso di uno squilibrato - in stile Unabomber - gli attentati terroristici hanno sempre una valenza politica, e noi italiani, con una lunga storia di stragismo alle spalle, lo sappiamo bene e non solo perché dietro spesso e volentieri attentati si aggiravano organi dello Stato più o meno 'deviati'. 
Un attentato terroristico, specialmente se compiuto in un contesto come quello di Boston, in una manifestazione sportiva estranea a qualsiasi considerazione politica o di business, fa sempre sorgere il dubbio che non sia possibile vivere in una società libera e pacifica, resuscitando l'idea hobbesiana della logica ancestrale dell'homo homini lupus, dove è necessario un controllo centrale ferreo e rigoroso che assicuri la difesa dei cittadini, anche a scapito della loro libertà. 
L'attentato è il momento in cui bisogna 'abbassare i toni' e creare un 'clima di unità', 'concordia' e 'condivisione' ben oltre i limiti suggeriti dal buon senso; è il momento in cui bisogna obbedire ciecamente a gente inetta e criminale come George W.Bush "perché è il comandante in capo", come ripeteva solennemente Al Gore dopo gli attentati alle Torri Gemelle. Ed è anche il momento, come suggeriva un video-editoriale del Corriere subito lo scoppio delle bombe, in cui si deve "cambiare l'agenda del governo", senza ancora sapere nulla sugli attentatori o quasi dando per scontato che le forze di polizia abbiano agito con negligenza.O quasi non sapendo che il 'cambiamento' è proprio ciò che si propongono i terroristi.
Il movimento Occupy Boston, pur rendendo ovviamente omaggio alle vittime e partecipando alle veglie commemorative, ha deciso di proseguire nell'azione di protesta e domani eseguirà un'occupazione a Cambridge, cittadina dell'area metropolitana di Boston. Si tratta di una scelta non solo coraggiosa, ma anche estremamente saggia, il modo migliore di tutelare la libertà contro qualsiasi calcolo politico o lucida follia che possa essere all'origine delle bombe.

PS: ai funerali solenni di Margareth Thatcher, il premier britannico Cameron ha dichiarato che "siamo tutti thachteriani"; pensando alla classe politica occidentale, non si può che dargli ragione. Per fortuna però esistono ancora persone libere che vogliono dare una speranza a questo povero e scalcinato mondo, rimettendo a posto le macerie provocate dalla Lady di ferro e i suoi accoliti.

mercoledì 10 aprile 2013

Dont'cry

I morti vanno sempre rispettati, a prescindere, tuttavia ciò non significa essere moralmente obbligati a piangere tutte le persone che lasciano questo mondo. Personalmente non ho pianto per la scomparsa di Ronald Reagan nove anni fa e oggi non mi unirò al coro di cordoglio per Margareth Thatcher. 
Questi due, con il loro operato politico, hanno fatto molto di più che implementare un'ideologia politica iniqua o attaccare le persone più indifese della società- si ricordi che la lady di ferro è passata alla storia come un'eroina per la sua intransigenza contro i minatori, forse la categoria di lavoratori più a debole e a rischio che esista. Hanno fatto molto di più: hanno sdoganato l'idea che la concorrenza debba essere il valore umano fondamentale perché "esistono gli individui, non la società"; in nome del peggior darwinismo sociale, hanno precarizzato la vita di milioni di persone ed esaltato poche decine di speculatori - i guru del capitalismo finanziario - a mentori della nuova era neoliberale. Se il liberalismo classico voleva porre dei limiti all'ingerenza dello Stato nel mercato, con il neoliberalismo lo Stato ha riscoperto le sue origini hobbesiane, rispolverando l'aspetto del Leviatano per imporre il principio della concorrenza (spesso travestito sotto spoglie più nobili, quali 'merito')  e della mercificazione di ogni aspetto della vita umana. 
Certo entrambi gli statisti, specialemente l'attore statunitense, difficilmente possono aver concepito personalmente questo grandioso progetto di dominio e trasformazione antropologica: è più probabile che siano stati i meri esecutori di un piano ordito da ben altre raffinate mente, quali la Trilaterale, il Bilderberg e simili. Qualunque sia la verità, sta di fatto che hanno messo personalmente la faccia su politiche dissennate che oggi rischiano di portarci al collasso sociale ed ecologico, traendone per di più enormi benefici personali. Se oggi siamo messi csì male, lo dobbia moltissimo a loro.
Quidi aut aut: o commemoriamo le morti delle persone che si sono suicidate vedendo la propria dignità compromessa dagli effetti della crisi, oppure piangiamo la Thatcher; terzium non datur. 

lunedì 1 aprile 2013

Amici di Matteo Renzi

In queste ore drammatiche in cui il monarca (assoluto) Re Giorgio ha sospeso la costituzione e la democrazia di questo paese, non riesco a trattenermi dal parlare della sortita del Fonzie degl XXI secolo, Matteo Renzi, ad Amici di Maria di Filippo. Ovviamente il sindaco di Firenze trombato alle primarie del PD - ma per qualche strana ragione universalmente annoverato tra i vincitori morali delle elezioni - voleva dimostrare che la Sinistra che lui incarna ha perso ogni residuo di puzza sotto il naso per abbracciare senza remore la televisione e convertirsi al credo nazional-popolare berlusconiano. 
Se proprio voleva andare in televisione, non poteva scegliere programma peggiore di Amici, vera e propria fabbrica delle illusioni arcoriana; però forse rappresenta al meglio la società 'del merito e del talento' che ha in mente Renzi. Amici è un talent show dove protagoniste indiscusse non sono danza e musica, bensì le polemiche tra i concorrenti - poco più che adolescenti che non sono riusciti a sfondare con mezzi 'convenzionali' - e tra concorrenti e giudici; dove gli autori del programma mostrano video girati di nascosto per mettere i ragazzi l'uno contro l'altro, dove a sedere in studio a sputare sentenze sono persone (tronisti?) con la lingua lunga e nulla conoscenza in fatto di arte. E alla fine il televoto domestico, che premia non la bravura ma il proprio idolo personale, come se si chiedesse a un tifoso di calcio di scegliere quale squadra a suo giudizio dovrebbe aggiudicarsi la partita. 
Del resto Renzi si sarebbe trovato bene ad Amici: non particolarmente capace nelle arti, sarebbe riuscito a compensare con la verve polemica, il 'paraculismo' e soprattutto con la capacità di apparire sempre vincente. E , a uno che gli avesse detto "Non so se voi vincerete o perderete, magari perderete la battaglia. Ma non perderete la faccia, che è la cosa più importante", il nostro 'amico' avrebbe rifilato un "vaffanculo" talmente veloce e potente da battere qualsiasi primato grillino.