giovedì 12 giugno 2014

Delegittimazione popolare

I ballottaggi per le elezioni amministrative hanno visto un ulteriore calo dell'affluenza alle urne, inferiore al 50%, cioé in linea con il dato complessivo delle Europee, considerando tutti i paesi aderenti all'Unione. Tutto ciò deve farci seriamente riflettere sulla tenuta democratica delle istituzioni nazionali e sovranazionali.
A scanso di equivoci, non le ritengo illegittime per il fatto che non riescano più a coinvolgere la popolazione: illegittime sono le istituzioni basate sulla coercizione apertamente violenta, che non riconoscono il minimo valore alla sovranità popolare. Se la sovranità appartiene veramente al popolo, come recita il dettato costituzionale, allora significa che le istituzioni apatiche attuali sono delegittimate, cioé agiscono in base a un consenso largamento minoritario e sotto pesante sfiducia della popolazione. Ciò non impedisce loro di svolgere le funzioni a cui sono preposte, tuttavia i politici che le compongono, specialmente quelli che occupano sedi di governo, devono essere consapevoli del loro carattere minoritario, evitando qualsiasi soluzione verticistica e ricercando invece il più possibile dialogo e mediazione con il popolo sfiduciato.
In caso contrario, se agissero come sostenuti da un mandato plebiscitario, allora non sarebbe affatto eccessivo parlare di autoritarismo, e dalla delegittimazione si scivolerebbe pericolosamente verso la vera e propria illegittimità. Proposte di stravolgimento della Costituzione e dichiarazioni come "la concertazione è finita, ascoltiamo tutti e poi decidiamo noi" (sfortunata uscita di qualche settimana fa del ministro Poletti) e le recenti uscite di Renzi non promettono nulla di buono. C'è da sperare che l'attuale arrogante classe dirigente post-rottamazione abbia conservato un barlume minimo di coscienza democratica da non costringere il popolo a scelte sofferte e dilemmatiche.

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