mercoledì 16 luglio 2014

Dentro e fuori la Palestina

Ogni volta che c'è un'operazione militare israeliana nei territori occupati, non vedo l'ora che termini sia per solidarietà verso le vittime del conflitto, sia per la penosità dei commenti che questo triste (e criminoso) evento è capace di scatenare. Posso comprendere l'indignazione per il dolore provato da vittime innocenti ma, forse, di fronte al carattere oramai quarantennale di questa situazione bisognerebbe mettere da parte le reazione 'di pancia' e ragionare nel modo più freddo e geopolitico possibile, non come ultras di opposte tifoserie.
Sul piano del diritto non ci sono dubbi: l'occupazione israeliana è illegale e deve cessare, come ha più volte ripetuto l'ONU, e se Israele è riuscita a evadere questo obbligo la causa è il sostegno statunitense e più in generale dell'Occidente. Non importa se l'occupante è laico, liberale e democratico mentre l'occupato è teocratico, fondamentalista e autoritario; e neanche i dubbi leggittimi sulle possibilità reali di sopravvivenza di un eventuale stato palestinese possono cambiare questa verità di fatto.
Quello di Israele in Palestina è uno degli ultimi esempi di colonialismo diretto ancora esistente nel mondo. Israele non è assolutamente uno 'stato nazista', bensì colonizzatore, ed è strano che noi europei - iniziatori del colonialismo - non riconosciamo nel metodo di governo israeliano i caratteri coloniali, basati sulla distinzione tra cittadini con pieni diritti e colonizzati. Però la Palestina  confina direttamente con lo stato colonizzatore, problema che per la Gran Bretagna e la Francia non sussisteva, ad esempio, e ciò espone tantissimo la popolazione israeliana.  Del resto quello sta facendo attualmente Israele, costituitasi come stato solo nel 1948, gli stati-nazione europei mutatis mutandis lo hanno fatto tra il XIII e il XVI secolo: omogeneizzazione etnica della popolazione attraverso genocidi, conquiste territoriali e assoggettamento dei popoli locali... Il problema in sé non è stato il 'sionismo' - parola che oramai non significa quasi più nulla -  ma averlo elevato a stato-nazione, quando invece per Israele e tutta l'area mediorientale post-coloniale era necessaria una forma di governo differente.
Cosa che invece non è stata fatta, e a qui dobbiamo risalire per comprendere la portata reale del problema israelo-palestinese. I complottisti hanno la risposta pronta per spiegare lo status coloniale e sprezzante del diritto di Israele: le 'lobby ebraiche' ('sioniste' nella versione politically correct). Effettivamente, esistono delle potenti lobby internazionali con a capo personalità di origine ebraica, e l'egoismo e l'avidità di queste persone è pari a quelle dei colleghi non-ebrei, cosa che mi rende difficile immaginare qualsiasi idealismo o empatia verso qualcuno che non sia loro stessi o i parenti prossimi, non parliamo di popoli e nazioni. C'è poi una cosa molto strana: queste lobby sono potentissime, controllano i mass media, eppure in quarant'anni una potenza atomica non è riuscita a  stroncare un nemico senza artiglieria e aviazione? Colpa dell'esposizione mediatica di giornali e TV sempre presentati come servi delle suddette lobby? Eppure i russi sono riusciti a far sparire Grozny quasi nel silenzio generale. Merito delle lobby russe?
Piuttosto, è strano come vengano completamente ignorate le 'lobby arabe' , malgrado si lancino in operazioni commerciali di primo piano come l'acquisto dell'Arsenal, del PSG o quello in corso di Alitalia; i fondi sovrano dei paesi arabi investono massicciamente in Occidente, basterebbe schioccare un dito e minacciare di ritirare i capitali per imporre una soluzione da subito della questione Palestinese. Tuttavia, sembra che i padroni delle lobby arabe siano altrettanto egoisti e avidi quando i colleghi ebrei, cristiani, atei. 
Il problema di fondo della questione palestinese potrebbe essere molto più semplice di quanto pensano i cospirazionisti: petrolio. Finché il petrolio rimarrà la fonte energetica fondamentale, è quasi sicuro che la zona mediorientale debba rimanere una zona ricca di focolai di tensione, mentre una soluzione tra Israele e Palestina sortirebbe l'effetto opposto. Se la situazione non è abbastanza calda in Siria, in Iran o in un altra parte della regione, l'occupazione israeliana è costante  e sempre pronta a sfociare in azioni militari, non è difficile provocare i fanatici coloni o Hamas. Quello che è difficile è far prevalere la ragione sull'odio e il dolore. Quando più nulla importa, quando criminali e innocenti pari sono, le ragioni finiscono. L'occupazione palestinese palesa l'assurdita della civiltà del petrolio, quella della crescita e dei consumi infiniti, mostrando il suo lato oscuro e crudele. Intervenire sulla nostra fame di petrolio è sicuramente un modo migliore di aiutare i palestinesi rispetto a esprimere commenti di dubbio valore.

Nessun commento:

Posta un commento