giovedì 25 settembre 2014

Il tempo dei compromessi è infinito

Se a dire "Con Renzi finisce l'autorevolezza della politica" è Raffaele Bonanni, si corre il rischio veramente di legittimare il premier fiorentino come  homo novus della politica alternativo al vecchio establishment. Se poi anche il direttore del Corriere della Sera De Bortoli si sente in dovere di strigliarlo, la sensazione diventa ancora più forte. 
Ovviamente, il grado di 'novità' di Renzi è uguale a quello del vino vecchio travasato in un'altra bottiglia, per cui le preoccupazioni di Bonanni e De Bortoli vanno approfondite. Scrive il direttore del Corriere nell'editorale incriminato: 
 
"Devo essere sincero: Renzi non mi convince. Non tanto per le idee e il coraggio: apprezzabili, specie in materia di lavoro. Quanto per come gestisce il potere. Se vorrà veramente cambiare verso a questo Paese dovrà guardarsi dal più temibile dei suoi nemici: se stesso. Una personalità egocentrica è irrinunciabile per un leader. Quella del presidente del Consiglio è ipertrofica. Ora, avendo un uomo solo al comando del Paese (e del principale partito), senza veri rivali, la cosa non è irrilevante". 
 
La buona borghesia italiana - editore naturale del quotidiano di Via Solferino - apprezza la veemenza con cui Renzi tuona contro il sindacato, ma comincia a preoccuparsi per il decisionismo e le promesse di 'cambiamento violento' sventolate ai quattro venti dopo il viaggio negli USA e il colloquio privato con la famiglia Clinton, che quanto a violenza se ne intende. Forse per questo De Bortoli chiude così:
"Un consiglio: quando si specchia al mattino, indossando una camicia bianca, pensi che dietro di lui c’è un Paese che non vuol rischiare di alzare nessuna bandiera straniera (leggi troika)".
 
E' curioso invece come un altro grande vecchio del giornalismo italiano ed emissario di poteri forti, Eugenio Scalfari, recentemente abbia appoggiato misure volte alla riduzione di sovranità nazionale in favore di organismi europei. Che sia in corso un dibattito all'interno del mondo industriale e finanziario italiano? E che, contrariamente agli stereotipi, paradossalmente (ma neanche troppo, per la verità) l'ala 'sinistra' rappresentata da Repubblica appoggi la visione renziana decisionista ed europeista rispetto un'ala 'conservatrice', incarnata dal Corriere timorosa di conseguenze non liete?
Difficile a dirsi. Sicuramente Renzi, dopo un'approvazione generale unanime, viene sicuramente tirato per la giacca in più direzioni. E questa volta difficilmente il poliedrico politico 'del fare' se la caverà con una battuta, visto che di fronte non ha più semplicemente i leader dei discreditati sindacati, bensì persone che non accetteranno risposte come 'il tempo dei compromessi è finito', non foss'altro per il fatto che Renzi deve a loro il posto che occupa.
 

sabato 6 settembre 2014

Contro il merito

'Merito' è una delle parole più abusate negli ultimi anni dalla politica, anche se il concetto è assolutamente estraneo al politico. La politica è fatta di alternative degne di considerazione, mentre il merito è tautologico, non avrebbe alcun senso affermare solennemente di promuovere la mediocrità; al più si possono denunciare le situazioni in cui si ritiene che il merito non venga premiato. Ma come si misura il merito?
Nello sport è molto semplice: si premiano i primi classificati, anche se persino in quest'ambito ci si lamenta spesso che il tal altleta o la tal squadra "avrebbe meritato di più". Anche nella scuola teoricamente non dovrebbero esserci problemi, se non fosse per il fatto che la valutazione è discrezionale e, soprattutto, che non tutti partono dalle stesse possibilità economiche e familiari, cosa che può aver ripercussioni enormi sugli stimoli a cui si è sottoposti da bambini, riflettendosi sulle abilità logiche elementari. E' probabile che dislessici come Albert Einstein, Alexander Graham Bell, Thomas Edison o Michael Faraday all'inizio del loro percorso di studi non 'meritassero' granché, che apparissero persone con qualche qualità in alcune discipline e totalmente inette in altre.
Può persino capitare che il merito non premi i migliori. Michelangelo è un ottimo candidato quale artista maggiore di tutti i tempi, ma il suo carattere "ostile alle relazioni umane" - come lo definiva Monsignor Paolo Grovio - è l'esatto contrario di quello che si chiede oggi al lavaratore 'meritevole'. Tutti i geni che non si sono conformati alle regole non erano 'meritevoli', altrimenti non sarebbero stati per lo più incompresi.
Possibile che il compito di Renzi, che del resto non è altro che la versione italiota della vulgata neoliberale, sia di fare speculazioni filosofiche tra meritevoli e migliori? Difficile. Il 'governo dei migliori' storicamente è già esistito e ha coperto una fetta significativa della storia umana, era quello dell'aristocrazia. E il vero merito degli aristocratici era di essere nati al momento giusto, al posto giusto e soprattutto nella famiglia giusta. Vista in quest'ottica, l'attuale crociata per il merito puzza di campagna contro il principio di uguaglianza. Cosa fare del 'non meritevole'? Ha diritto ancora a welfare e assistenza dallo Stato o li ha irrimediabilmente perso 'demeritando', oppure si dovrà accontentare di diritti di serie B?
 Ecco il vero rischio che si annida dietro alla retorica del merito: quello del darwinismo sociale camuffato da obiettività e  ragionevolezza.