martedì 20 gennaio 2015

Cultura e impostura

Il 'multiculturalismo' è sotto attacco da più parti, da ben prima del drammatico attentato alla sede di Charlie Hebdo. Generalmente, con questo termine si indica la tendenza a far convivere insieme diversi gruppi etnici e religiosi, senza cercare di plasmare un'identità basata sull'adesione a valori comuni. 
E' una situazione un po' paradossale: se tutti veramente 'fossimo Charlie', allora avremmo trovato davvero una base comune su cui riconoscerci ma, siccome Charlie Hebdo si caratterizza per essere  'più a sinistra della sinistra', ciò significherebbe la massima libertà di espressione e relativismo culturale per tutti.
Ovviamente, il motivo per cui improvvisamente siamo tutti 'diventati Charlie' non è legato alla satira politica estrema, che sembrava ben poco apprezzata non solo dall'Islam ma anche dall'Occidente che conta, bensì al fatto gli autori erano cittadini occidentali uccisi da agenti sedicenti rappresentati di una civiltà considerata inferiore. Se così non fosse, non si spiegherebbe la reazione del tutto apatica per il successivo massacro di Boko Haram, che ha coinvolto centinaia di persone, addirittura duemila forse.
Discutendo del multiculturalismo bisogna evitare la trappola di fondo, cioé imbarcarsi in una discussione favorevole/contrario in perfetto stile talk-show. Bisognerebbe prima tutto chiedersi perché si è creata una situazione di multiculturalismo, ovvero perché ci sono persone provenienti da Africa, Asia e America latina in Europa e Nord America; e se le ragioni non hanno a che fare con il turismo, vanno investigate più a fondo.
Detto in parole povere, un immigrato dal Sud del mondo cerca di intraprendere lo stesso percorso del plusvalore che ha inizio con l'esportazione delle materie prime del suo paese. Se si ragionasse anche sul 'come' tali materie prime lasciano la terra d'origine, probabilmente saremmo già a buon punto per trovare una risposta soddisfacente anche sull'origine e la popolarità del fondamentalismo islamico. 
Insomma, una 'cultura comune' passa per un'analisi condivisa della realtà, se non altro sugli aspetti più salienti. Altrimenti, tutto si riduce a imporre una propria visione e conseguentemente una propria dominazione. E' inutile parlare di libertà e uguaglianza, quando è palese che non tutti i popoli della Terra sono ugualmente liberi e uguali, anzi alcuni non lo sono per niente. E molti di questi popoli, non accettando di autoghettizzarsi, potrebbero sempre più propendere per scelte estreme.

venerdì 2 gennaio 2015

Il presidente rivoluzionario

"Stiamo dalla parte del lavoro. Il lavoro lo crea chi fa impresa di qualità. Ascoltare l'impresa non vuol dire fare dei favori ma essere ossessionati dall'idea di creare lavoro... La democrazia si salva dal populismo solo quando sa decidere nei tempi giusti. Stiamo provocando una grande rivoluzione e questo crea malumore. Ma una democrazia che decide non è deriva autoritaria né incapacità di ascoltare, né arroganza".
Parola del probabile futuro presidente della repubblica - Silvio Berlusconi permettendo - Graziano Delrio. E' inutile lamentarsi anzitempo, specialmente se il presidente uscente si è caratterizzato per l'assoluta mancanza di qualsiasi zelo per la difesa della Costituzione di cui sarebbe teoricamente garante. Il prossimo probabile presidente, se caratterizzerà il suo mandato attraverso 'l'ossessione di creare lavoro' e l'enfasi sui 'tempi giusti', non sarà troppo peggio del suo predecessore. Cerchiamo di ragionare su questi due elementi.
La parola 'ossessione' indica un comportamento al limite del patalogico, e associarlo alla creazione di lavoro significa anteporla a considerazioni di qualsiasi altro genere: quindi sì alla TAV, alle trivelle alla faccia delle preoccupazioni ambientale; sì a forme contrattuali sempre più flessibili.
Sui 'tempi giusti', è abbastanza evidente che un 'sì', specialmente se incondizionato, si pronuncia in pochi secondi, mentre un 'no', a causa delle discussioni a cui può dare seguito, dilata sensibilmente i tempi e non si addice evidentemente a una 'grande rivoluzione'. 
Forse il presidente 'rivoluzionario' promuoverà, oltre alle riforme già in cantiere, altre modifiche costituzionali, anche dell'art.1: L'Italia è una repubblica tempestivamente democratica ossessionata dal lavoro.