mercoledì 25 febbraio 2015

Papa Mattarella

E' ovviamente troppo presto per fare un bilancio esaustivo della presidenza di Mattarella, ma alcune indicazioni di massima si possono certamente trarre. 
L'impronta mediatica che vuole dare al proprio settennato è ben diversa da quella del suo predecessore: Napolitano era apertamente schierato 'dalla parte delle riforme' (era quindi uno dei principali sostenitori del patto del Nazareno e di Renzi) mentre Mattarella vuole apparire sicuramente più super-partes, si veda anche l'invito di oggi al Quirinale dei gruppi parlamentari di opposizione. 
Sta inoltre cercando, attraverso espedienti come il ricorso alla Panda al posto dell'autoblu o la scelta di Alitalia al posto del volo di stato, di darsi un tocco un po' in stile Papa Francesco, se non addirittura Pepe Mujica, all'insegna della 'sobrietà' - per davvero, non come quella di Monti che era solo grigiore - che sappia riconciliare gli italiani con la politica e le sue spese pazze e soprattutto immorali in periodo di crisi. 
Certo, l'appello ai magistrati per cui 'non siano protagonisti' è in pura salsa napolitaniana. E, se persino la presidente della Camera Boldrini si è sentita oltraggiata dall'atteggiamento autoritario del PD renziano nel condurre in totale solitudine a colpi di maggioranza semplice il percorso delle riforme, costituzione compresa, Mattarella non ha detto assolutamente nulla al riguardo.
La prova del nove, ovviamente, sarà costituita dalle firme che saranno apposte o meno ai provvedimenti più controversi. Sappiamo giù come si comporterebbero Papa Francesco o Pepe Mujica.  

sabato 7 febbraio 2015

Stato di eccezione

"Colpiremo ovunque" è una classica minaccia terroristica. Questa volta a pronunciarla non è l'ISIS ma il governo giordano, che ha anche parlato di 'rappresaglia' in risposta al crudele omicidio del pilota della loro aviazione. 
Molti commentatori si sono affrettati precisando che gli stati democratici non commettono né vendette né rappresaglie, ma la Giordania, ricordiamolo bene, non è uno stato democratico. Del resto, anche gli stati democratici spesso possono comportarsi come tali in patria ma non al di fuori di essa - nazioni colonizzatrici, politica statunitense del XX secolo e Israele docet. 
Ma che cosa verrà colpito 'ovunque'? Il territorio dello 'stato dell'ISIS'. Mi fa uno strano effetto chiamarlo così, perché una condizione necessaria (non sufficiente) per essere 'stato' consiste nel riconoscimento internazionale: non sei 'stato' se non vieni riconosciuto dalla 'comunità degli stati'. Se bastasse qualche occupazione di territori, una proclamazione e dei governanti autoproclamati, lo stato palestinese esisterebbe da almeno trent'anni. L'esistenza dello 'stato islamico' è riconosciuto persino da Wikipedia. Ma se uno stato compie operazioni militari , allora queste non sono più definibili come atti di terrorismo, bensì di guerra in piena regola. Perché riconoscere tale legittimità a un nemico per lo più ritenuto orribile e spietato, al punto che la sua popolazione è bombardabile a piacimento?
La Russia invece è una stato a tutti gli effetti, malgrado molte inimicizie importanti. La Merkel e Hollande, secondo i media occidentali, stanno trattando un 'piano di pace' con Putin, facendo intendere un forte rischio di guerra.
A causa di chi? Dell'autocrate russo? Forse la Merkel e Hollande farebbero bene a trasferirsi da Monaco (sede dell'incontro con Putin) a Bruxelles, dove il comandante supremo dell'Alleanza, Philip Mark Breedlove, caldeggia un intervento militare in Ucraina - in pratica la terza guerra mondiale, un episodio che ricorda moltissimo l'aspirazione di MacArthur di invadere la Cina durante la guerra di Corea, con la differenza che per Breedlove non sembrano esserci defenestrazioni in arrivo.
Una decina di anni fa, un amante delle costruzioni intellettuali come Toni Negri fantasticava di 'impero retto da una guerra permanente'. Ha avuto torto due volte: 'l'impero' si sta pericolosamente sbriciolando in zone di influenza, mentre la 'guerra permanente', fatta per lo più di invasioni neocoloniali e reazioni terroristiche, rischia di degenerare nel conflitto aperto tra grandi nazioni, con tutti i rischi nucleari che ciò può comportare.  Dalle speculazioni d'accademia ai fatti concreti, il passo sembra sempre più breve.